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Pensa positivo! O no?

Pensa positivo! O no?

I falsi miti del pensiero positivo hanno procurato più danni che benefici. Scopriamo cosa c’è di buono da imparare, analizzando le parole di Louise Hay. 

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Mi è capitato spesso, quando le persone mi chiedono che lavoro faccio, che commentino più o meno con “Ah sì! Pensiero positivo… Motivazione… Autostima, quelle cose lì vero?”

Ti svelo due cose:

  1. io non motivo nessuno, perché ognuno ha da trovare le proprie ragioni e i propri motivi per passare all’azione (al massimo io l’aiuto a riconoscerli).
  2. l’autostima è qualcosa di molto importante e profonda, e spesso viene confusa con il guardarsi allo specchio e dirsi con aria agguerrita: “Io sono figa/o, io valgo, io posso fare tutto”, ed è qualcosa che non consiglierei a nessuno 😉 

Ora che mi sono liberata di questi sassolini nella scarpa, arriviamo al punto di cui voglio parlarti oggi: il Pensiero Positivo.

 

Più danni della grandine

 

A mio avviso il Pensiero Positivo ha fatto più danni della grandine. Certo, anche il “pensiero negativo” non scherza. Ma quindi? Cerchiamo di capire qual è l’intenzione buona e quali sono i fraintendimenti che permeano questo argomento.

 

Normalmente se ti dico “Pensa positivo” cosa ti viene in mente?

Forse per prima cosa la canzone di Jovanotti, ma subito dopo, con tutta probabilità, ti verranno in mente cose come “Andrà tutto bene” e l’ormai famoso bicchiere mezzo pieno.

 

Dove nasce tutto questo?

 

Nel 1984, in un periodo della mia vita in cui ero molto sofferente, mi capitò tra le mani il libro “Puoi guarire la tua vita” di Louise Hay, una delle madri del pensiero positivo.

 

La Hay era riuscita a guarire dal cancro trasformando i suoi pensieri, e voleva giustamente condividere con il mondo quello che aveva sperimentato sulla sua pelle.

 

Ricordo di aver divorato con entusiasmo quelle pagine perché quel libro mi confermava qualcosa che avevo sempre sentito essere vera. Parlo del collegamento tra i pensieri che abbiamo, la chimica che creiamo nel nostro corpo (che percepiamo sotto forma di emozioni e sensazioni) e la capacità della nostra mente e del nostro corpo di esprimere utilmente le sue potenzialità: guarire da una malattia, realizzare un progetto, creare una relazione felice o qualsiasi altra cosa.

 

Quello che è passato è invece, banalmente, “Pensa positivo e tutto andrà bene”. Cosa semplicemente non vera.

 

Il fraintendimento

Il messaggio superficiale che è arrivato fino a noi, è che se pensiamo che le cose andranno bene, lo faranno; che se pensiamo che guadagneremo un sacco di quattrini e troveremo il/la nostro/a partner ideale, succederà; che se pensiamo che la guerra finirà o che guariremo da una malattia, lo faremo accadere.

 

Io ci ho provato e non ha funzionato e probabilmente anche tu mi dirai la stessa cosa.

 

Se poi a questo aggiungiamo la Legge dell’Attrazione, che sembra dirci che se pensiamo intensamente ad un elefante mentre ce ne stiamo comodamente seduti in salotto, lo facciamo apparire hic et nunc, ecco che la frittata è fatta.

 

Gina, ma allora ci stai dicendo che quello che pensiamo non conta? che è inutile “pensare bene”?

 

Il tassello di un mosaico più grande

No, sto piuttosto dicendo che essere consapevoli che i nostri pensieri hanno un peso è solo un tassello di un mosaico ben più ampio e che, se non ce ne rendiamo incontro rischiamo tre conseguenze:

 

  1.  andiamo incontro a delusione certa
  2.  rischiamo di buttar via l’acqua con tutto il bambino, banalizzando e generalizzando con un pericoloso: “Queste cose non funzionano”
  3.  ci de-responsabilizziamo rispetto quello che possiamo veramente fare

 

Cosa c’è di vero?

Come ti dicevo, c’è di vero che i pensieri ai quali crediamo creano una certa chimica nel nostro corpo, generano emozioni. Determinati pensieri ed emozioni ci faranno propendere verso l’azione, altri invece verso il sentirci vittime impotenti, altri verso la ricerca di un colpevole, altre verso la commiserazione… e da lì scaturiranno i nostri comportamenti, le iniziative, le azioni, le interpretazioni che daremo a tutto ciò che accade. Creeremo così la nostra realtà (per la parte che ci compete)

 

Quindi certo, il pensiero crea. Ma per fortuna non basta il pensiero, né si materializza subito (se no saremmo tutti fottuti, non credi? 😉 ) 

 

Facciamo un esempio

 

Ricordo bene che Louise Hay nel libro diceva qualcosa come: “Quando usi bene la mente puoi anche mangiare cibo per gatti che starai bene”  

 

In un certo senso questa frase è vera, ma ti va di analizzarla con me?

 

  • “Quando usi bene la mente” = quando usi la mente in modo utile, funzionale, costruttivo, in modo che sostenga il tuo progetto o intento
  • “Usare bene la mente” significa anche provare l’emozione corrispondente a ciò che vuoi creare, significa cambiare percezione, vedere qualcosa che prima non vedevi, crederlo possibile.
  • “Puoi mangiare anche cibo per gatti” : sì, ma non in eterno. Di vero c’è che la mente è talmente potente che può creare le condizioni per il “successo” e la salute (e ahimè, anche per la malattia e l’insuccesso) nonostante le condizioni avverse. Ma a un certo punto bisognerà anche aiutarsi.

Ricordo bene infatti che Louise Hay, a un dato punto del suo viaggio personale, aveva rivoluzionato anche il suo modo di mangiare. Un maggior amore per se stessa, e il desiderio di vivere bene nel presente (e possibilmente anche in un radioso futuro) le avevano fatto ripulire frigo e dispensa da tutto il cibo spazzatura, le scatolette e i cibi conservati che normalmente teneva in casa.

 

Il pensiero costruttivo porta ad azioni costruttive

 

Ed è questa la parte che molti sembrano tralasciare.


Sono certa che quando Louise recitava le sue affermazioni, non stava recitando meccanicamente “Io sono sana” mentre in realtà era piena di paura e risentimento perché pensava “c’ho un cacchio di tumore, altroché”. 

Viveva con certezza la sensazione di essere guarita, il suo cervello era probabilmente in onde Theta, che sono quelle della creazione, della riprogrammazione dell’inconscio, che sono quelle della rigenerazione e guarigione e, per Jung, anche quelle dell’accesso all’infinito campo dell’inconscio collettivo con tutto il suo patrimonio di informazioni.

 

Stava liberando e attivando le infinite possibilità racchiuse nel suo corpo e nella sua mente.

 

E questo sì, è un potere a cui ognuno di noi può trovare accesso, con i giusti strumenti e le giuste pratiche..

Molto più di un semplice pensiero positivo, no?

 

Last but not least

 

Louise Hay era Louise Hay, e se da un lato ha voluto mostrare qualcosa che è potenzialmente possibile per ogni essere umano, ci ha anche mostrato che lei ha seguito la sua strada, ha creato il suo modo, ha seguito e trasformato ciò che sentiva giusto nel profondo.

 

Forse è proprio questo il suo messaggio, e il messaggio di tutti gli uomini e donne che hanno eccelso in qualcosa: fate come me non significa fate le stesse cose che ho fatto io, ma fate anche voi le cose che sentite giuste e vere nel profondo, dopo aver fatto pulizia di ciò che non siete voi.

 

E questo, credo, è il messaggio più importante.

 

Fare ordine dentro di sé, ascoltarsi, alleggerirsi e allinearsi con ciò che vogliamo creare sono passaggi importanti per ogni nostra realizzazione. Per questo sono diventati i punti cardine di uno dei miei percorsi trasformativi di gruppo:

 

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I bisogni, uno dei pilastri della tua felicità (e della Scienza del Sé)

I bisogni, uno dei pilastri della tua felicità (e della Scienza del Sé)

Ti propongo alcune riflessioni sui bisogni e un esercizio per acquisirne maggior consapevolezza 

 

Oggi voglio parlarti di uno dei “fondamentali” della felicità: i Bisogni. 

Da sempre filosofi, pensatori, e ora anche gli uomini di scienza, si sono interrogati su cosa sia la felicità e su quali siano, di conseguenza, gli ingredienti che la compongono.

La visione che sento più mia è quella di “una vita ben vissuta”, ricca di significato, con una direzione a noi allineata, da cui scaturisce un certo benessere generale. C’è chi sembra capace di creare tutto questo facilmente e spontaneamente, ma per la maggior parte di noi serve invece “lavorarci” un po’.

Ma come fare? Le ricette sembrano infinite, ognuno dice la propria e l’unica cosa assicurata sembra essere il disorientamento.

Recentemente sono venuta in contatto con la Scienza del Sé, una nuova disciplina impiegata nell’ambito della crescita personale, che ha riunito tutto ciò che serve conoscere per acquisire una certa consapevolezza di sé e guidarsi verso una vita appagante e vissuta in pienezza Sono temi già molto noti in quest’ambito, ma la novità è che sono stati organizzati in 9 Pilastri (dal Prof. Sandro Formica, docente all’Università di Miami) e con il supporto di articoli accademici e materiali scientifici.

 

I bisogni sono il primo di questi pilastri

 

Che ne siamo consapevoli o no, tutto ciò che facciamo (o non facciamo) é mosso da un bisogno. I bisogni sono qualcosa di universale che tutti gli esseri umani hanno. A seconda del contesto, a seconda della situazione, a seconda del momento, i nostri bisogni variano sia per priorità sia per, diciamo così, assortimento. 

 

I bisogni sono qualcosa che ogni essere umano ha e variano a seconda del contesto e della situazione. Essi attivano e dirigono il nostro comportamento.

 

 

Teorie sui bisogni

 

Sono molti gli studiosi che hanno elaborato una teoria sui bisogni. Uno di questi era lo psicologo Abraham Maslow, che scelse di rappresentare i bisogni su una scala gerarchica, la Piramide nota appunto con il suo cognome. I bisogni di sopravvivenza venivano posti alla base della piramide, mentre quelli di autorealizzazione e trascendenza venivano posti al vertice. 

Esiste poi la teoria elaborata più recentemente da Antony Robbins e la psicoterapeuta Cloe Madanes: tutti gli esseri umani hanno essenzialmente sei bisogni: quattro riguardanti la personalità e due più spirituali. I bisogni individuati da Robbins sono i seguenti: importanza (nel senso di significato), amore ed unione, sicurezza e il suo opposto varietà e, infine i bisogni “dello spirito”, ovvero crescita e bisogno di contribuire a qualcosa di più grande di noi. Questi ultimi sono i bisogni più elevati, che creano il vero appagamento all’individuo.

 

Noi invece utilizzeremo una lista più completa di bisogni ed esigenze, e per farlo troverai un esercizio alla fine dell’articolo.

 

 

I bisogni, nella pratica

 

Il concetto fondamentale è che noi abbiamo bisogno di soddisfare i nostri bisogni. 

Ma il mezzo, la strategia che utilizzerai per soddisfarli farà una grande differenza in termini di soddisfazione e di sostenibilità.

 

Vediamo per esempio l’Amore, che è uno dei bisogni fondamentali di ogni essere umano. Un modo funzionale per soddisfarlo è attraverso le relazioni (amici, famiglia, coppia, figli, ecc.), prendendosi un cane o un gatto, prendendosi cura di qualcuno o di qualcosa. Lo stesso bisogno però potrebbe spingere qualcuno a rimanere in una relazione malsana, o potrebbe spingere un bambino a comportarsi male pur di attirare l’attenzione (e quindi l’amore) dei genitori. 

Quindi il bisogno è sano, ma il comportamento o il mezzo che ho trovato per appagarlo non è altrettanto “sano”, e quindi non è sostenibile nel tempo. 

 

Parlando di bisogni è anche molto comune cadere in una sorta di fraintendimento molto diffuso: siccome io ho un bisogno, tu devi comportarti in un certo modo, o devi astenerti da certi comportamenti pur di soddisfarmelo.

Inutile dire che anche in questo caso la strategia non è sostenibile.

 

Ecco allora cosa possiamo fare 

 

Familiarizzare con i propri bisogni in prima persona significa fondamentalmente tre cose:

  1. imparare a riconoscere ciò che sentiamo
  2. acquisire un vocabolario che ci permetta di dargli un nome  
  3. scegliere cosa possiamo fare per prendercene cura.

 

Qual è il bisogno che abbiamo (adesso, in ogni circostanza)? Qual è il bisogno che ci spinge a fare (o non fare) una certa cosa? Qual è il bisogno che non è soddisfatto in un determinato momento? 

E per fare questo ci vengono in aiuto le emozioni “negative”: molto spesso infatti sono lì proprio per segnalarci che c’è un bisogno non soddisfatto sotto. 

 

Il bisogno è innanzitutto una responsabilità personale (bambini esclusi) , una responsabilità che io ho verso me stessa di capire che cos’è e in che modo funzionale lo posso soddisfare.

 

Questo esercizio ti aiuterà tutte le volte che un’emozione spiacevole ti segnala qualcosa.

 

 

 

Il mio esercizio per individuare i bisogni

Se sei iscritta alla mia newsletter hai già ricevuto la scheda dei bisogni, altrimenti, se vuoi proseguire con l’esercizio ISCRIVITI QUI.

 

Fatto? Eccoci qui di nuovo, pronte per affrontare l’esercizio. 

 

  1. Pensa ad una situazione in cui non ti sei sentita soddisfatta
  2. Guardando la scheda che ti ho inviato, chiediti: quale mio bisogno non è stato appagato in quella situazione? Leggi la tabella e trascriviti bisogni che ti risuonano di più, sicuramente ne troverai diversi. Poi cerca di affinare l’ascolto e restringi il campo a 1-3 bisogni al massimo.
  3. Decidi in che modo vuoi prenderti cura di ognuno di quei bisogni. Cosa puoi fare a riguardo?

In questa prima fase sarà bene prenderti cura personalmente del soddisfacimento di quel bisogno. Successivamente potrai decidere se fare una richiesta a qualcuno, che ovviamente non sarà obbligato ad eseguire! 

(In ogni caso vedremo come allenare la tua capacità di esporre i tuoi bisogni e fare richieste in un prossimo articolo sulla comunicazione empatica).

E adesso, condividi?

Mi piacerebbe che tu condividessi le tue scoperte e riflessioni con me.
Ovviamente non ci aspettiamo di risolvere tutto con questo esercizio, ma è un primo passo di un percorso che affronteremo insieme (e che potrei seguire da casa attraverso gli esercizi di crescita e gli aggiornamenti che riceverai nella mia newsletter). Questo esercizio è fondamentale per acquisire un po’ di familiarità con “ciò che è vivo e vero in te”, come diceva il grande Marshall Rosenberg, padre della comunicazione non-violenta.

 

Un altro aspetto importante per soddisfare i tuoi bisogni in modo sostenibile, sarà tenere conto dei tuoi valori.

Ma questo sarà tema di un ulteriore approfondimento.

 

Un abbraccio, 

Gina

 

 

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Individua l’anti-parola del 2020, un esercizio per riconoscere quando diventi il limite di te stessa

Individua l’anti-parola del 2020, un esercizio per riconoscere quando diventi il limite di te stessa

L’anno nuovo è da poco iniziato e, come di consueto, nel primo periodo si tende a fare bilanci e “pronostici” per l’anno che verrà.

Fa parte delle pratiche di gennaio quindi, definire quale sarà la parola che ci accompagnerà nei mesi a seguire.

Questo esercizio, diventato un trend negli ultimi anni, può esserci d’aiuto per individuare una guida, quasi una sorta di mantra che possa orientare le nostre energie e le nostre risorse durante l’anno.

 

Cerco di spiegarmi meglio

 

Immagina che tu senta che la parola giusta per orientarti nel 2020 sia CORAGGIO. Questo termine diventerà per te uno sprone, un memo, un monito. Nelle situazioni difficili ti tornerà alla mente il coraggio, tingerai con questa sfumatura di coraggio tutte le situazioni in cui sentirai di dover tirar fuori la carica, dove magari restavi ad osservare senza dire la tua, o dove magari eri troppo accondiscendente e non te la sentivi di mettere dei sani paletti. O ancora dove evitavi di proporti per quella collaborazione o per quel progetto per paura di ricevere un rifiuto.

Ecco che, grazie all’individuazione della parola del 2020, sarai in grado di ricordare la rotta da mantenere, nel mare magnum delle possibilità, delle sollecitazioni e degli svarioni emozionali che viviamo quotidianamente.

 

E l’anti-parola allora?



 

Altrettanto interessante è l’individuazione dell’anti-parola dell’anno. L’anti-parola non è altro che la rappresentazione della nostra kryptonite, della dispersione delle nostre energie, della vanificazione dei nostri sforzi e propositi.  Sarà il segnale di allerta a cui porre attenzione, sarà il campanello d’allarme che ci riporterà sulla nostra direzione.

 

E ora, con la dovuta spensieratezza, andiamo a fare questo veloce esercizio per individuare l’anti-parola per il 2020. Pronta?

 

 

  1.  Pensa per un attimo alle situazioni in cui non ti sei piaciuta, non ti sei riconosciuta o hai giocato al ribasso nell’ultimo anno.
  2. Pensa ai momenti in cui quello che hai pensato, detto, fatto o sentito come emozione, è stato lontano dalla meraviglia che sai di essere.
  3. Pensa a cosa ti ha trattenuta dal cogliere le giuste opportunità per il tuo lavoro e per la tua vita.
  4. Cerca la matrice comune, un elemento che tu riscontri in tutte e tre le riflessioni sopra. Riassumile in una sola parola che abbia senso per te (nei limiti del possibile).
  5. Ora la parte divertente. Scrivi la parola su un foglio, fai una bella X rossa sopra, come se fosse soda caustica o veleno per topi: è pur sempre la tua kryptonite! Assicurati che sia evidente anche visivamente. Infine, trova il modo più forte per te per distruggere quel foglio. Fallo in frantumi, buttalo nel water, brucialo: eliminalo dalla tua vita. (questo passaggio è importante, perché nei punti precedenti hai lavorato con la tua mente conscia, ma ora dobbiamo registrare il cambiamento a livello più profondo, e questo piccolo rituale è quello che ci vuole per comunicare con la tua mente subconscia, la parte sommersa dell’iceberg).
  6. Bene!!! Ora ti chiedo di condividere con me la tua anti-parola dell’anno, spiegando come ti è stata d’ostacolo quella parola nelle situazioni citate nelle domande 1, 2 e 3.

 

Sperando che eliminare la tua anti-parola sia stato fortemente liberatorio, ti mando un forte abbraccio!

Gina

 

 

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Non sei (mai) troppo grande per scrivere la letterina a Babbo Natale

Non sei (mai) troppo grande per scrivere la letterina a Babbo Natale

Prenditi del tempo per scrivere la letterina a Babbo Natale: un esercizio per scoprire i tuoi veri desideri e sviluppare la fiducia di poterli realizzare.

 

Con il Natale alle porte e il nuovo anno che fa capolino, siamo sollecitate da più parti a mettere per iscritto i nostri buoni propositi, fare bilanci e fissare nuovi sfidanti obiettivi.

 

E se ti proponessi di fare insieme a me un gioco diverso?

Scrivere la letterina a Babbo Natale! Siamo ancora in tempo, perché nella letterina non chiederemo delle cose da trovare sotto l’albero, ma andremo a esprimere i nostri principali desideri per l’anno nuovo (bada bene che non ho scritto obiettivi né propositi). Prima di prendere la carta e iniziare a scrivere, ti invito a riflettere bene con me su due aspetti fondamentali: i desideri e la fiducia.

Viviamo in una società ossessionata dagli obiettivi, un’ossessione con cui mi trovo fortemente in disaccordo. Il rischio con gli obiettivi è che spesso si corre dietro ad un risultato, senza chiederci prima se quel risultato è in linea con noi, con i nostri valori, con la qualità della vita che vogliamo avere tutti i giorni. Sì, ho scritto proprio tutti i giorni. É mia convinzione infatti che non valga mai la pena di vivere 3, 5, 10, anni orribili (spesso anche di più) in nome di un qualsiasi obiettivo personale.

É importante quindi chiarire a te stessa quali sono le emozioni che vuoi provare tutti i giorni, non solo nei giorni speciali, non soltanto il giorno in cui avrai eventualmente raggiunto l’obiettivo (e se poi non lo raggiungi?)

 

Non parlare di obiettivi ma dei tuoi desideri

Quindi, scaviamo un po’ più a fondo: quali sono le cose che veramente vogliamo? Le desideriamo per noi o anche per gli altri? Un po’ di sano egoismo è fondamentale nella vita, tuttavia penso che qualsiasi risultato, qualsiasi successo se non viene condiviso con altri o se non crea un benessere che vada al di là della nostra piccola sfera personale, non sia degno di chiamarsi successo.

Ecco perché preferisco parlare di desideri e non di obiettivi. Credo che i nostri desideri siano il linguaggio della nostra parte più profonda, del nostro cuore, del nostro vero io. E, se sappiamo leggerli, possiamo rivelarci molto di noi. Ma ad una condizione, e tra poco scoprirai qual è.

Per poter scrivere la tua letterina a Babbo Natale, alla fine di questa lettura, immagina di poter esprimere tre desideri (mi dispiace, ma anche Babbo ha letto il libro di Robert Cialdini e ha scoperto che limitare le opzioni da più valore al prodotto 😉 ). Immagina cosa vorresti che ti aiutasse a realizzare nel prossimo anno. Cosa chiederesti?

 

Prima di scrivere la letterina, pensa a quando eri bambina

Mentre riflettevo su quello che avrei scritto io nella famosa letterina, ho pensato a quando ero bambina. Non è passato poi così tanto tempo, ma per certi aspetti sembra di parlare di un’altra era. Quando ero piccola, la tv per i ragazzi proponeva un solo programma al giorno, in una certa fascia oraria e basta, non esisteva la pubblicità indirizzata ai bambini, non c’era internet, e quindi non eravamo costantemente sollecitati a desiderare qualcosa che qualcun altro voleva vendere. Nella letterina a Babbo Natale esprimevamo quindi le nostre richieste in totale libertà: una fionda, un arco con le frecce, un cucciolo o una bambola parlante. Ma non erano desideri indotti: erano proprio nostri!

Certo, poteva capitare di poter essere influenzate dalla compagna di classe che aveva sette Barbie, e magari, in fondo alla letterina, una Barbie ce la infilavamo anche noi. Ma senza tanta convinzione, forse solo perché quella amichetta ci suscitava una qualche forma di ammirazione e volevamo guadagnarci la sua stima. Però nella letterina c’erano principalmente i nostri veri desideri, e nessuna letterina somigliava a quella di qualcun altro.

 

Poi i tempi sono cambiati…

Se penso alle letterine in partenza per il circolo polare artico scritte da mia figlia o delle mie nipoti, solo un paio di decenni più tardi, non posso fare a meno di notare una grande differenza. La maggior parte delle richieste riguardavano articoli sponsorizzati negli spot pubblicitari che sapevano perfettamente come catturare la loro attenzione e indurre il desiderio: Winx, Bratz, Xbox, cose che poi predisponevano all’acquisto seriale di tutti gli accessori e i modelli successivi.

Qual è il problema? Quando otteniamo qualcosa che desideriamo dal profondo del cuore la soddisfazione è più vera e duratura, perché ha a che fare con i nostri valori. Ma quando il desiderio è indotto, come nel caso della Bratz (o il suo equivalente, rapportato alla nostra vita adulta) proviamo un surrogato di felicità, destinata ad estinguersi come il fuoco di un bengala, lasciandoci con l’illusione che saremo veramente soddisfatte quando avremo anche la nuova Bratz, quella appena uscita con i capelli rossi.

 

I desideri ci dicono qualcosa di noi, a patto che siano davvero nostri!

Perciò vorrei ti mettessi in ascolto, che scavassi a fondo dentro di te per far emergere veramente quello che desideri. E siccome nessuna creazione può avvenire senza un pizzico di magia, soprattutto a Natale, vorrei che contattassi un po’ di quella fiducia che avevi da bambina. Ma con qualche differenza.

La chiameremo fiducia attiva.

Da piccole chiedevamo le cose senza filtri, senza preoccuparci troppo se un regalo poteva essere troppo pesante o troppo grande, non pensavamo in termini di fattibilità quando scrivevamo la letterina a Babbo Natale.
Eppure, se ci pensi, non eravamo passive. Svolgevamo un duplice ruolo:

  1. Ci chiarivamo le idee e scrivevamo la letterina.
  2. Ci comportavamo coerentemente, come se fossimo già certe di ottenere quella cosa.

Questo poteva significare “comportarci bene”, seguendo quelle che erano essenzialmente delle norme di buon senso, ma anche “portarci avanti”.
Ricordo che nell’attesa di ricevere un cane o un gatto (o almeno un criceto, perbacco!!) leggevo tutti i libri che fossero reperibili sull’argomento.

Perché c’era la fiducia.
Noi avevamo fatto la nostra parte, e il resto era nelle mani di Babbo Natale, di cui ci fidavamo totalmente.

Ecco quindi che, se ci riflettiamo bene, la letterina a Babbo Natale diventa una metafora per la nostra vita: è importante fare chiarezza e capire cosa desideriamo davvero, poi agire, comportarci coerentemente a quei desideri, e avere fiducia.

 

Abbiamo un grande, grandissimo potere sulle nostre vite.

E allo stesso tempo non abbiamo il totale controllo di quello che ci succede, delle opportunità che ci si parano davanti, degli incontri che facciamo, e di un sacco di cose molto più grandi di noi.
Sono certa che se osservi tutto quello che hai finora realizzato, noterai che non è da attribuire esclusivamente a te.
Tutto quello che hai vissuto è un misto tra la tua partecipazione attiva e quello che la vita ti riserva ogni giorno. Ed è un sollievo, perché possiamo smettere di sentirci come se dovessimo fare tutto noi. Questo non significa diventare fatalisti e lasciare tutto al caso, perché allo stesso tempo una parte sta a noi, e c’è così tanto che possiamo fare.

E se da bambine avevamo fiducia in Babbo Natale, ora potremmo avere fiducia in qualcosa di diverso: nella vita, nell’universo, nell’intelligenza divina… Qualsiasi nome tu le dia, è quella cosa che sottende alla vita stessa, che alterna stagioni e maree, fa crescere i capelli (beh, non a tutti 😉 ) fa sì che un seme diventi pianta.

É una danza che si conduce in due. L’importante è scoprire come muovere i propri passi in questa danza continua tra l’avere fiducia in qualcosa di più grande e il pensare che tutto sia frutto delle nostre azioni. Il segreto sta nel far coesistere il fare e l’affidarsi, il decidere e il fluire, il condurre e il lasciarsi condurre.

 

Ora sei pronta a scrivere la tua letterina!

Perciò ora non indugiare oltre: prendi carta e penna, magari una carta speciale e una penna che ti piace molto, mettiti in un posto un po’ raccolto, o ovunque tu ti senta bene. Fai un paio di bei respiri lenti e profondi, magari un sorriso, e scrivi in libertà i tuoi desideri per il 2020. Poi scegli i tre più significativi, quelli che ti ispirano, ti fanno sorridere di gioia e soddisfazione solo a pensarci. E infine fai sapere a Babbo Natale che conti sul suo aiuto per la loro realizzazione.

 

Ah, e ricordati di lasciargli dei biscotti o qualcosa di dolce: in barba a tutte le
raccomandazioni dietetiche, è rimasto sempre un gran golosone.

Se ti fa piacere, condividi la tua lista su Instagram taggando @gina.abate.coaching!
Un abbraccio,
Gina