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Progetti dell’anno, è troppo tardi?

Progetti dell’anno, è troppo tardi?

Sei ancora in tempo per i progetti del tuo 2024. È sempre un buon momento per cambiare direzione e rimetterti al centro. Scopri perché.

scintille rosa - progetti

Gennaio è sul finire e la maggior parte delle persone, a questo punto, si possono dividere grosso modo in 3 gruppi:

 

  •     quelle che si sentono in marcia verso la realizzazione delle proprie intenzioni e progetti per il 2024
  •     quelle che hanno la sensazione che, nonostante le buone intenzioni, tutto andrà avanti “come sempre”
  •     quelle che non si sono prese del tempo per pensare, davvero, a ciò che vogliono creare

 

Se ti chiedo a che gruppo preferiresti appartenere, credo di poter dire con certezza che risponderesti il primo. Tuttavia, se fai parte del secondo o del terzo, ho un’ottima notizia per te: non è mai troppo tardi per creare un anno a partire da te!

Cosa significa “a partire da te”?

A partire da te significa un insieme di cose, lascia che ti spieghi meglio.

Implica soffermarsi a riflettere su quali sono le tue caratteristiche, per rispettarle e lanciarti delle piccole sfide senza snaturarti.

Significa essere consapevole di cosa aumenta e cosa drena la tua energia, significa riconoscere le abitudini che ti allontanano dalla vita che vorresti. Significa essere consapevole di tutto ciò che “di buono” c’è già: abitudini che ti sostengono, convinzioni che ti fortificano, qualità che ti rendono unica.

 

Per la mia esperienza con una gran varietà di clienti, soprattutto donne, ho visto che, se non facciamo prima questa sorta di check-list, il percorso verso i nostri obiettivi di vita è molto più faticoso. O, peggio ancora, molti dei nostri piani sono destinati a fallire, o a non partire nemmeno.  

 

Ascolta la tua voce (quella buona)

 

Il rischio di questi piani che naufragano è quello di portarti a credere che devi rassegnarti all’ineluttabilità delle cose o di attribuire a te stessa una serie di caratteristiche negative che non ti aiutano di certo quando vuoi portare avanti progetti e abitudini che ti farebbero sentire fiera e soddisfatta di te e della tua vita.

Frasi tossiche da zittire

  •     non sono disciplinata
  •     non posso dedicarmi a quello che voglio perchè ci sono altre priorità (figli, genitori, coniugi, richieste esterne, ecc.)
  •     non riesco ad attenermi ai piani, anche se sono io a farli
  •     ogni volta comincio bene, ma poi succede qualcosa…
  •     non ho il tempo/ l’energia/ le capacità di portare avanti il tale progetto
  •     non è veramente ciò che voglio
  •     non so come andare avanti
  •     quando si tratta di (obiettivo xy) a un certo punto mi perdo per strada e le vecchie abitudini hanno il sopravvento
  •     non so più cosa voglio…

Non trarre conclusioni affrettate

 

Queste sono alcune delle conclusioni che rischiamo di trarre quando i nostri progetti falliscono: non riusciamo a prenderci tempo per noi, non riusciamo a rimetterci in forma, la situazione economica non è stabile, vorremmo cambiare lavoro ma non riusciamo a fare il passo, vorremmo uscire da una relazione ma la trasciniamo avanti, abbiamo un grande sogno nel cassetto ma sembra che abbiamo perso la chiave. 

 

Attenzione, questo succede soprattutto a persone molto capaci che hanno già portato avanti con successo molte cose nella vita, eppure non riescono a operare certi cambiamenti e rimanere concentrate o costanti in qualche altro ambito.

 

 

Tutto ciò che ti serve è già dentro di te

 

Ogni persona possiede in sé tutto il potenziale per realizzare quello che desidera

Questo è uno dei pilastri del coaching, è la credenza fondamentale della metodologia PSYCH-K® di cui sono facilitatrice, ed è sempre stata una mia convinzione profonda.

Quello che “manca” a volte è un piccolo aiuto che permetta a quella persona di vedere, liberare e utilizzare quel potenziale per gli scopi che si prefigge, di allinearsi a quei desideri e agire coerentemente per realizzarli.

 

Altro che ti allontana dai tuoi progetti

 

A volte c’è un altro motivo per cui non realizziamo i nostri progetti. Ed è perché quegli obiettivi non sono nemmeno nostri.

Magari li abbiamo scelti perché sarebbe la cosa “giusta” da fare in un certo momento, o perché è qualcosa di “normale” che farebbero tutti, o perché ci si aspetta questo da noi, o perché sarebbe il sogno di qualcun altro.

A volte ci attacchiamo un sacco di significati, specie su di noi, ovvero pensiamo che, se arriviamo lì, allora sì che avremo dimostrato il nostro valore. Oppure allora sì che saremo felici.

Puoi creare una vita che ti piace davvero

 

In questi casi, se ce la facciamo, arriviamo al traguardo con un dispendio energetico enorme, stando ogni giorno nello sforzo, costringendoci a ritmi insostenibili che ci fanno mettere da parte molte cose di cui avremmo bisogno e che ci farebbero sentire bene.

O semplicemente ci arriviamo con la sensazione che non stiamo vivendo veramente la nostra vita.

 

E siccome ce n’è una sola, e siamo abituati a dividerla in anni, va da sé che nei prossimi 12 mesi potrai avvicinarti alla sensazione di star vivendo la tua vita… o quella di qualcun altro.

 

Come posso aiutarti

 

Da molti anni conduco un percorso che ha lo scopo di avvicinarti, nei 12 mesi che hai davanti, a una vita in cui riconoscerti ogni giorno.

 

In questo percorso

usiamo cuore e cervello

lavoriamo con entrambi gli emisferi cerebrali

c’è introspezione, ascolto di sé e riflessione

ma anche spazio per desiderare, immaginare, giocare

osare e mettersi in moto

prendendosi un impegno d’amore verso noi stesse.

 

Questo accade nel corso in presenza e lo stesso accade nella versione online, che parte il 3 febbraio 2024 (ma può partire in qualsiasi mese dell’anno se lo vuoi).

 

Ti piacerebbe creare un anno a partire da te?

 

Iscriviti alla lista d’attesa per il percorso online e ti manderò tutte le informazioni. Potrai partecipare da casa, con i tuoi tempi e i tuoi ritmi, al percorso che ti permetterà di Creare e portare avanti un anno da ricordare con gioia e soddisfazione.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Realizza ciò che sei con i tre livelli del cambiamento

Realizza ciò che sei con i tre livelli del cambiamento

Anche tu puoi realizzare ciò che sei, scopri come farlo attraverso la pratica.

Realizza ciò che sei - mano che accarezza acqua

Prima dell’articolo “Realizza ciò che sei con i tre livelli del cambiamento”, leggi qui⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

Diventa ciò che realmente sei

 

Una ghianda, se germoglia, diventa una quercia.

Se sarà una quercia possente o una più esile non ci è dato di sapere e dipenderà da una molteplicità di fattori. Quel che è certo, però, è che messa nelle giuste condizioni (la terra fertile), diventerà una quercia. Non un salice, un abete o un pioppo: una quercia.

 

Eppure non è corretto dire che “diventerà” una quercia. Il seme della quercia è la parte di un continuum a cui abbiamo dato il nome di ghianda. Poi vedremo un germoglio, un fuscello, un albero e poi, chissà, un albero possente che offrirà riparo a uccelli e animaletti, e agli umani che si rinfrancheranno alla sua ombra. Una ghianda è già una quercia, nella sua fase embrionale.

Continua a seguire il mio ragionamento, ti voglio far capire in pratica i tre livelli del cambiamento.


Realizza ciò che sei

 

Da qui nasce l’idea di “realizzare ciò che sei”. L’idea alla base: il tuo compito è quello di scoprire, progressivamente, quali sono le condizioni per diventare ciò che sei, per esprimere ciò che c’è già dentro di te – anche se non hai ancora idea di cosa sia o se, in questo momento della tua vita, ti sembra di averlo dimenticato.

 

Non dare ascolto alle voci tossiche

 

Il problema nel nostro mondo è che tutti cercano di dirti cosa devi diventare, cosa puoi, non puoi o non devi essere. O ti confondono con il loro positivismo tossico e frasi fatte. “Tu puoi essere qualsiasi cosa tu voglia essere” non è sempre vero. Specialmente se si tralascia di dire che se “quella cosa” non è già parte di te, come potenzialità, probabilmente non è un’impresa da intraprendere. O non è semplicemente possibile.

 

A volte siamo noi stesse a confonderci perché, non essendo in contatto con chi siamo veramente, pensiamo di dover scegliere un personaggio al di fuori di noi che meriterà la considerazione, la stima e sperabilmente l’affetto degli altri. “E così saremo felici”.

 

Cosa significa realizzare ciò che sei?

 

Realizzare ciò che sei non ha a che fare con il “destino”, con qualcosa di già scritto a cui devi sottometterti o che sei costretta a indovinare e compiere. 

 

Si tratta piuttosto di sintonizzarti progressivamente sulla vera te, abbassando il volume delle altre voci, quelle degli altri, quelle delle tue paure, quelle di te stessa che non pensa di potersi concedere la felicità di essere autentica. E si tratta di comprendere che questo è forse il viaggio più importante che tu possa mai fare nella vita.

 

Per fare questo ci vuole un po’ di pazienza e tanto amore, ma i doni contenuti sono di gran lunga più appaganti di qualsiasi obiettivo o status che potresti raggiungere in una condizione di distanza da te stessa.


Come riconnettersi a sé stesse

 

Per fare questo, si può lavorare con molti strumenti e in molti modi diversi. Il mio modo di lavorare, sia nelle sessioni individuali che nei percorsi di gruppo, è quello di fornire sempre pratiche che appartengano ai 3 livelli del cambiamento. (Ricordi? Ne ho parlato anche qui). In questo modo accompagno la cliente a fare dei passi concreti e trasformativi su ognuno di questi livelli.

 

Per spiegartelo, ti racconto la storia di Sara, che mi ha permesso di raccontarti del nostro lavoro insieme, ma con un nome fittizio.



L’esperienza di Sara

 

Quando Sara è venuta nel mio studio la prima volta mi ha usato queste parole:

“Mi sento in trappola. Una trappola che ho costruito con le mie stesse mani, e ora non so proprio come uscirne”.

 

Una laurea, un lavoro scelto perché era la logica conseguenza dei suoi studi, anche se non l’appassionava molto, un matrimonio con un uomo che amava, ma che dopo il primo figlio aveva iniziato a mentire e a comportarsi da padre padrone, ai limiti della violenza, portando Sara a isolarsi sempre più e ad avere grossi dubbi su se stessa. 

Dopo il secondo figlio Sara aveva lasciato il lavoro, ovviamente sotto le pressioni del marito, che così poteva avere il controllo totale su di lei. Con il terzo bimbo, che aveva due anni quando Sara venne da me, la donna diceva di non riconoscersi più. 



Sara e l’inizio del cambiamento


Aveva toccato il fondo in termini di autostima, ma aveva allo stesso tempo trovato una scintilla di amore per se stessa, tanto da voler intraprendere un percorso:

“Qualcosa deve cambiare. Se non per me, almeno per i miei bambini”.

 

Livello 1, la partenza

Abbiamo iniziato con piccole azioni fattibili, abitudini che la aiutassero a sentirsi meglio e a iniziare a riconoscersi. Sara aveva amato ballare fino a qualche anno prima, e si era sempre rigenerata in Natura, cosa che non si era più concessa di fare.

Quello è stato l’inizio. 

Iniziò a ballare da sola in casa, con il bimbo più piccolo in braccio o seduto a terra che la guardava stupito. Poi prese in prestito uno zaino da un’amica, che aveva smesso di frequentare perché si sentiva a disagio, ma che fu subito felice di aiutarla. Iniziò ad andare nei boschi o in riva al mare con il bimbo sulle spalle, tutte le mattine in cui le era possibile. 

 

Questo aumentò i suoi livelli di energia e vitalità. Iniziò a percepire sé stessa diversamente, non più fragile e senza speranza, ma più integra e con delle possibilità. Stavamo passando al secondo livello.

 

Livello 2, le nuove convinzioni

Sara negli ultimi anni aveva inconsapevolmente coltivato molte convinzioni limitanti e negative su sé stessa: Forse è colpa mia, Non valgo un granché, Non merito la felicità , erano soltanto alcune di queste. La conseguenza era che non sentiva di poter avere delle iniziative e tantomeno di poter cambiare la sua situazione.

Con un lavoro mirato sulle convinzioni limitanti, Sara si è accorta che quei pensieri non erano scolpiti nella pietra e soprattutto non erano necessariamente “veri”.
Iniziò a credere vero e possibile qualcos’altro, e più lo credeva, più agiva coerentemente, e più agiva coerentemente, più le nuove convinzioni si rinforzavano e la sostenevano.

 

Livello 3, l’evoluzione

Dopo 3 mesi, Sara si percepiva in modo completamente diverso rispetto a quando era arrivata da me. Aveva iniziato a essere assertiva con il marito, a esprimersi senza paura, e dire dei NO molto sani e a dire al marito che teneva ancora al loro matrimonio ma che non era più disposta a continuare in quel modo. Gli chiese di iniziare insieme una terapia di coppia presso una psicoterapeuta, e quello fu l’inizio di un altro viaggio. Non è stato sempre facile, ma li ha portati a guarire le ferite più antiche e a rinnovare il loro amore e le promesse che si erano fatti. In modo consapevole e maturo, si sono riuniti senza idealizzazioni e con la disponibilità a lavorare sempre sulla comunicazione e sulla loro relazione.


Come è riuscita a risorgere?

Questo è stato possibile perché Sara ha scelto di ritrovare la strada verso se stessa. Questo ha cambiato radicalmente la percezione di sé e la consapevolezza di ciò che voleva, dei suoi valori, dei suoi bisogni e di ciò che non era più disposta a tollerare nella sua vita. Ma aveva anche ritrovato l’amore per se stessa e la gioia e la gratitudine per aver rifatto contatto con il proprio valore.

 

Tutto questo ha avuto inizio con un po’ di musica e qualche passeggiata nei boschi?

Sì, e no.

 

L’inizio è stata la decisione di Sara, quella scintilla di amore risvegliato che le ha fatto dire: così non va più bene, merito almeno di provarci.

 

E poi sì, è nato dal progressivo Ri-incontro di Sara con sé stessa.

 

Perché tornare integre e autentiche è possibile, ed è un cammino, fatto di piccoli passi fattibili, che può produrre quelli che apparentemente sembrerebbero “miracoli”.

Livelli cambiamento - farfalla e bruco

Se vuoi tornare ad ascoltare la tua voce e realizzare ciò che sei non esitare a contattarmi. Creeremo il tuo percorso trasformativo, per ridare luce alle tue  caratteristiche e alla tua unicità.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

E se la noia fosse un bene?

E se la noia fosse un bene?

I vantaggi della noia sono più di quanto tu pensi. Tuffiamoci insieme nel mare del dolce far niente. 

I vantaggi della noia sono più di quanto tu pen

Prima dell’articolo “La noia è un male”, leggi qui ⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

76

2617

145

5427

225

10

 

No, non sto dando i numeri. Lo sai a cosa corrispondono queste cifre?

 

76:  le volte in cui, mediamente, prendiamo il telefono in mano ogni giorno

2617: i “tocchi” sullo schermo dello stesso, di un utilizzatore medio, al giorno

145: i minuti che trascorriamo, mediamente al giorno, per compiere quei tocchi

5427: i “tocchi” giornalieri di un utilizzatore frenetico

225: i minuti passati per compiere quei tocchi

10: le ore passate mediamente al giorno davanti a uno schermo negli USA

 

Bene, a questo punto mi pare che i numeri li stiamo dando tutti quanti.

 

La noia come risorsa
 

Non mi voglio focalizzare sui danni che questo uso smodato della tecnologia ci provoca, come danni alla vista, alla produttività, alla nostra capacità di concentrarci, alle nostre relazioni – solo per menzionarne alcuni, ma quello che appare evidente è che in questa circostanza ci stiamo perdendo una risorsa potenzialmente preziosissima: la noia.

 

Cosa succede al nostro cervello quando ci annoiamo e cosa potrebbe succedere se sopprimessimo per sempre questa emozione?

 

Scopriamolo insieme.

 

Fino a qualche tempo fa andavo quasi fiera del fatto che “io non mi annoio mai”, perché questa parola aveva per me solo un’accezione negativa. (Non sono forse solo le persone noiose ad annoiarsi? non era forse l’ozio il padre di tutti i vizi?). 

A un certo punto, però, mi sono imbattuta in alcuni studi che spiegavano quanto questa visione fosse un equivoco e tessevano le doti della noia. Questa emozione, nonostante noi la giudichiamo talmente negativa e spiacevole da allontanarcene in ogni modo possibile, è stata un ingrediente fondamentale della nostra evoluzione in questi 2,5 milioni di anni sulla terra.

 

 

Innanzitutto, chiariamoci su cosa sia la noia e di quali siano i suoi potenziali doni, e chissà se alla fine dell’articolo anche tu avrai un po’ cambiato idea su di lei.

 

 

Ti presento… la noia

 

Sicuramente ti sarà capitato di provarla.

La noia non è ciò che provi quando non hai niente da fare, ma quando niente delle cose che hai da fare, o che potresti fare, ti attrae. È caratterizzata da assenza di concentrazione, irrequietezza ma anche un senso di letargia: in pratica è quando ci sentiamo “sotto-occupati”.

 

È una sensazione che giudichiamo spiacevole, perciò oggi con tutte le app, i social e le notizie a disposizione nel nostro smartphone, in ogni pausa, al semaforo, camminando per strada, in attesa della cena al ristorante, ma anche sul divano e a tavola con la famiglia o quando nostro figlio ci parla – è fin troppo facile intrattenersi pur di evitarla.

 

Cosa ci perdiamo?

Quando ci annoiamo, per esempio piegando la biancheria o aspettando il nostro turno dal dentista, il nostro cervello attiva quella che si chiama modalità di default (default mode network).

Il nostro corpo innesta il pilota automatico ma, controintuitivamente, il nostro cervello diventa particolarmente attivo. Quando la mente non è impegnata in un’attività… impegnativa 😉 inizia a vagare. Ecco che si attivano connessioni diverse, si attiva una modalità di pensiero che è sotto il livello cosciente, e possono arrivarci idee, soluzioni creative a un problema che ci infastidiva da tempo, o può scattare il desiderio di un qualcosa che vogliamo creare o raggiungere nella nostra vita.

 

In quella modalità, facciamo quella che gli studiosi hanno definito “pianificazione autobiografica” (autobiographical planning), ovvero riflettiamo su momenti passati e immaginiamo nuovi possibili traguardi e come potremmo arrivarci.

 

Insomma, è una condizione particolarmente fertile, se ce la concediamo.

 

La noia è allo stesso tempo un segnale e una spinta motivazionale. Il segnale ci dice che non stiamo facendo quello che vorremmo fare e la spinta motivazionale ci suggerisce di darci degli obiettivi e progettare cose nuove.

 

E non solo la noia ci spinge a fare qualcosa per noi stessi, ma ci rende più altruisti e ci fa venire voglia di fare qualcosa per gli altri, come per esempio fare del volontariato o offrirsi per donare sangue.

 

Pianificare al minuto? No, grazie.

Se, però, riempiamo ogni momento di attività, se sfruttiamo ogni attimo per aggiornare i social, verificare se abbiamo notifiche, rispondere alle email, scaricare un documento, ci perdiamo questa possibilità. E non è tutto. Attraverso questo zompettare da un’attività all’altra, sottoponiamo il nostro cervello a uno sforzo di attenzione continuo e a un consumo smodato di energia.

 

Inoltre spesso “ci perdiamo l’attimo”, non ci accorgiamo delle persone che abbiamo accanto, delle bellezze della natura, di quello che succede a pochi metri da noi, come testimonia benissimo questa foto scattata dal fotografo Eric Smith nelle acque della California, in cui una balena passa a fianco della barca a vela ma lo skipper non si accorge di nulla, perché totalmente immerso nel suo mondo virtuale.

Il potere salvifico della noia

La noia, nelle sue evoluzioni


Nel 2008 la nostra attenzione al lavoro shiftava ogni 3 minuti. Nel 2018 ogni 45 secondi. Ora ho fin paura di sapere a quale ping-pong attentivo sottoponiamo il nostro povero cervello.

 

Ma tornare indietro, lo sappiamo, non è un’opzione. Cosa possiamo fare, quindi?

 

Nella mia ricerca, ho trovato due fonti di ispirazione per tentare di recuperare la nostra brillante creatività e la nostra salute mentale (e non solo): il primo è attraverso un uso ponderato dei potenti strumenti tecnologici di cui disponiamo – (ed è il tema di questo articolo).

 

Il secondo è attraverso una rinaturalizzazione della vita, un ritorno almeno parziale a una vita più naturale e meno comoda che ci permetta di recuperare alcune importanti caratteristiche appartenute per milioni di anni alla vita dei nostri antenati, e necessarie più che mai per migliorare la qualità della nostra “unica vita, selvaggia e preziosa”, per dirlo con le parole di Mary Olivier.

 

E di questo ti parlerò prossimamente. ⏭️

 

 

Annoiati e geniali: L’arte perduta di creare spazio  

 

La giornalista Manoush Zomorodi nel 2015 ha messo a punto il progetto Bored and brilliant (annoiati e brillanti, per l’appunto) per aiutare le persone a diventare più consapevoli del loro rapporto con il proprio cellulare e con l’iperconnettività.

 

Il progetto invitava i partecipanti a compiere diverse sfide, quali stare un’intera giornata con il telefono fuori dalla propria portata, andare nelle impostazioni e togliere tutte le notifiche, cancellare la o le app che l’utente giudicava più “ladre di tempo”.

 

È sempre più difficile vincere questa battaglia, perché da una parte ci siamo noi che non siamo più abituati al disagio del “vuoto” e che sfruttiamo ogni attimo per fare qualcosa pur di non rimanere soli con i nostri pensieri.

Dall’altra ci sono fior fiore di ingegneri ed esperti che studiano giorno e notte come attirare la nostra attenzione più spesso e più a lungo possibile, perché la nostra attenzione vale un sacco di quattrini.

 

Nonostante le difficoltà, i partecipanti hanno giocato con slancio e determinazione e, dopo aver superato qualche vera e propria “crisi di astinenza”, hanno superato le sfide riportando una maggiore energia, chiarezza e… felicità: avevano recuperato un bel po’ di tempo ma soprattutto si sentivano di nuovo alla guida della propria vita e non costantemente in reazione alle richieste provenienti dal proprio smartphone.

 

La cosa curiosa è che i più giovani, quelli nati e cresciuti con la tecnologia, hanno riferito di aver provato emozioni (non proprio piacevoli) mai provate prima! Insomma, non si erano mai annoiati prima di allora, perché al minimo segnale di “vuoto”, avevano sempre risposto prendendo il cellulare in mano.

 

 

 La noia… quanti ricordi!

Se ci pensi, chi non ha mai vissuto senza internet, e di conseguenza senza Netflix, Youtube, Facebook, Twitter, Whatsapp, Snapchat e tutte le notizie che la rete ci propin… ahem, propone, non sa quello che si provava da bambini nei pomeriggi d’estate quando non si vedeva l’ora di tornare in giardino a giocare ma bisognava rispettare “l’ora del riposo” altrimenti poi il “capo casa” chi lo sentiva…

O quello che si provava al mare, nell’interminabile attesa di poter tornare a fare il bagno dopo aver pranzato, le fatidiche due ore più lunghe della vita anche dopo aver mangiato solo un panino.

O quello che provavi nei pomeriggi d’inverno, quando non potevi uscire e non c’era niente alla tv (ma non niente di bello, proprio niente di niente, oltre che le righe colorate verticali su gli unici tre canali esistenti) 

 

Noia, era noia.

Ma in quella noia dovevi ingegnarti, muoverti, inventare, pensare, farti domande, escogitare scappatoie, immaginare, esplorare, creare.



La noia può curare la tua creatività

La noia è generatrice di progresso

 

L’essere umano si è evoluto attraverso prolungati periodi di noia e questo ci ha costretti a pensare nuovi modi di vedere il mondo: da lì il prosperare dell’arte, della filosofia, della letteratura, delle invenzioni, della scienza!

 

La creatività oggi è più necessaria che mai e sarà l’abilità numero uno che verrà richiesta al lavoro alle nuove generazioni per affrontare il futuro. Di questo passo però il rischio è che venga uccisa, o per lo meno tramortita pericolosamente, attraverso l’abuso dell’intrattenimento tecnologico e l’assenza della noia.

 

 

Vogliamo provare a cambiare le cose?

 

È solo una proposta, un esperimento da fare con curiosità, se ti va.

 

➡️ La prossima volta che, senza nemmeno pensarci, ti ritrovi con il telefono in mano, prova a chiederti: “Cosa sto cercando veramente?”

E se devi rispondere a una mail urgente, fallo e non pensarci più.

 

Ma se invece ti accorgi che stai cercando di intrattenerti, di distrarti per evitare di sentire qualsiasi leggero disagio – come solitudine, stress che vuoi alleviare, FOMO (fear of missing out: la paura di perderti qualcosa) o… noia – rimetti in tasca il telefono.

 

Respira, guarda il cielo, osserva i tuoi polpastrelli.

 

    • Se anche solo una piccola parte di quei 2617 tocchi destinati allo schermo ogni giorno li destinassi per fare una carezza a qualcuno che ami, o a toccare la corteccia ruvida di un albero, o a toccare i petali di un fiore, o se facessi una carezza a te stessa/o, come cambierebbe la tua vita?

       

    • E se la prossima volta che ti ritrovi a camminare per strada ti imponessi di guardarti intorno e sorridere, anziché mandare audio e rispondere a Whatsapp?

    • E se almeno un’ora prima di andare a letto tu spegnessi tutto e ti ingegnassi a fare qualcosa di diverso, cosa potrebbe emergere da una parte inascoltata di te? 

    • E se, quando senti quella noia e quell’irrequietezza, cercassi di capire dove ti vogliono portare, piuttosto che annegarle in un mare di distrazione?  

Io ho deciso di accettare la sfida, e tu?

Fammelo sapere nei commenti.



Ascolta te stessa: se senti il bisogno di fermarti, lasciare che la noia ti attraversi, per ritrovare la tua creatività, non esitare a contattarmi. Creeremo il tuo percorso trasformativo, per ridare luce alle tue  caratteristiche e alla tua unicità.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Donna selvaggia, abbraccia la tua natura

Donna selvaggia, abbraccia la tua natura

La donna selvaggia, la donna “naturale” giace, più o meno sopita, dentro di noi, in attesa di essere risvegliata.

donna selvaggia, abbraccia la tua natura

Prima dell’articolo “Donna selvaggia, abbraccia la tua natura”, leggi qui ⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

L’archetipo della donna selvaggia
 

Come sarebbe se ogni giorno fossimo in contatto con una parte di noi piena di energia e creatività, di capacità di adattamento e resistenza agli urti, una parte vitale, ispirata e ispiratrice, saggia e sintonizzata con la natura?

 

Queste sono solo alcune delle caratteristiche femminili ancestrali, a cui possiamo attingere se sappiamo fare ritorno all’archetipo della donna selvaggia, la donna “naturale” che giace, più o meno sopita, dentro di noi, in attesa di essere risvegliata.

  

Che fare per risvegliare il femminile selvaggio e soprattutto, perché mai dovremmo?

A vivere disconnesse dalla forza ancestrale della donna selvaggia, ne risente il nostro corpo, la nostra salute, la capacità di auto guarigione – oltre che la capacità di orientarci nelle scelte della nostra vita.

Ne risentono le nostre emozioni e  anche la psiche: dipendenze, depressioni e perdita di senso sono purtroppo all’ordine del giorno nella nostra società.

Riconnettersi al nostro femminile selvaggio ci permette di sintonizzarsi con una forza naturale che spesso non sappiamo nemmeno di avere. 

Innanzitutto, impariamo a riconoscerla

Ma quali sono le caratteristiche della “donna selvaggia” e come siamo invece quando siamo disconnesse da quella straordinaria fonte di energia, vitalità e potere personale?

 

C’è qualcosa di magico in una donna quando è nel suo potere. In lei c’è passione, ha fiducia in se stessa, è giocosa, creativa, sensibile, intuitiva, compassionevole. In lei traspare una primitiva bellezza, indipendentemente dall’età o dalle sue caratteristiche fisiche.

 

Quando una donna riconosce e incorpora il suo potere è fiera e piena di grazia, sa quando essere instancabile e determinata e quando invece lasciar andare, rallentare e prendersi cura di sé. È in contatto con la sua saggezza e si fida della sua intuizione.

 

Se la lasciamo andare, si spegne la nostra energia

Al contrario, quando una donna ha perso il contatto con il suo potere naturale, quello della “donna selvaggia”, è insicura, dubita di se stessa, ha difficoltà a mettere confini e farli rispettare, e cade facilmente in comportamenti manipolativi, passivo-aggressivi o si sforza di compiacere gli altri per ottenere ciò di cui ha bisogno e che non riesce a richiedere in modo assertivo. 

 

Può cercare approvazione “fuori” quando l’unica approvazione di cui ha bisogno è la propria.

Può essere sprovveduta, timida o diventare aggressiva, come se avesse difficoltà a dosare quel fuoco che è parte della sua natura.

È giudicante, verso se stessa e verso gli altri, con cui si paragona costantemente, uscendone a volte vittoriosa e a volte sconfitta- ma sono due facce della stessa medaglia.

 

È come se la luce dentro di lei si fosse smorzata, o spenta e lei cercasse disperatamente nuovi modi per riattivarla. Ma le cose materiali, o le altre persone, non possono farlo per lei.

 

È come se ci fosse un vuoto, un’emorragia energetica che tenta di riempire con cibo, relazioni, dipendenze- anche socialmente accettate e apprezzate come superlavoro, esserci sempre per tutti – tranne che per sè- raggiungere obiettivi che le portano lustro e onore. Ma quel vuoto resta lì.

 

Giudica se stessa, le sue idee, il suo operato, il suo corpo, il suo look, le sue emozioni, le sue paure. E, per questo, sente di non potersi mostrare integralmente, e nasconde parti di sé. Che fatica!

 

La riconnessione con la donna selvaggia

 

Per ritrovarsi, lei dovrà riconnettersi alla terra, alla natura, di cui è sempre stata custode e protettrice, e che è sempre lì, pronta a nutrirla e far scorrere nuovamente linfa vitale nelle sue vene.

E dovrà cercare dentro di sé ciò che le manca: il contatto con se stessa e con il suo spirito.

 

Ridiventare selvaggia non significa andare in giro con i capelli grigi e in disordine come una strega e le unghie sporche di terra (a meno che non ti piaccia così! 😉 ): significa entrare più in contatto con la propria natura, con il corpo,  il cuore, l’anima e ricordare, infine, il tuo sé autentico.

 

Per poterlo fare, serve

  • iniziare ad accettare ogni parte di sé (l’ho scritto anche in questo post), 
  • avere delle pratiche per ritrovare il proprio centro, il proprio radicamento, 
  • e riconoscere, fra tutte, il suono della propria voce.

Ora ti suggerirò due pratiche che ti aiuteranno proprio in questo.

 

La prima via: mettere in luce ciò che non ami di te e imparare ad amarlo

 

Iniziare ad amare noi stesse in tutta la nostra interezza e “traslocare dalla testa al corpo” sono le due vie che sinergicamente ti riporteranno a rivivere l’energia e la potenza della tua donna selvaggia.

Parlati in modo autentico e sincero

Per ritrovare la tua voce, la tua intuizione, la tua guida interiore, è necessario che tu sappia riconoscere la tua verità. Questo significa non nascondere a te stessa le tue emozioni e i tuoi sentimenti. Una volta riconosciuti e integrati, inizierai a essere integra e autentica anche con gli altri e nelle varie situazioni della tua vita.

 

Ecco alcune domande che ti aiuteranno in questo processo:

di cosa mi vergogno?

cosa sto negando?

per cosa mi sento in colpa?

cosa non funziona per me?

cosa non vorrei mai che gli altri sapessero/vedessero di me?

 

Rispondi per iscritto a queste domande, fanne un’abitudine per un po’ di tempo e semplicemente riconosci quello che emerge. Non giudicare, non voler “aggiustare”, modificare o cambiare.

 

Tenere nascoste quelle verità ti costa un sacco di energie, perciò riconoscile a te stessa, permetti loro di salire in superficie e di fluire, perdendo così la loro intensità e il loro potere.

 

 

La seconda via: riconnetterti alla tua donna selvaggia

 

La seconda via è trovare, o ritrovare, delle attività che ci permettano di sentirci vive, sentire il corpo così tanto da non riuscire a sentire più il brusio dei pensieri.

 

Le domande  da farti qui sono molto semplici:

cosa mi fa sentire viva?

cosa mi fa sentire autenticamente bene?

quando mi sento veramente io?

 

A volte le risposte potranno indicarti attività relativamente semplici da fare, come danzare, abbracciare gli alberi, fare passeggiate in natura o fare un giro in bici o in canoa.

 

Altre volte potranno metterti davanti al fatto che hai lasciato indietro una parte di te, che forse desiderava o amava viaggiare da sola, o fare rafting sui fiumi, o fare lunghe passeggiate a cavallo o scendere nelle viscere della terra e visitare le grotte.

 

Allora ti chiederai come riavvicinarti, con garbo e tutte le protezioni che senti necessarie, a quelle attività o imprese.

 

Io ho avuto diversi richiami in questo senso, tanto che nel momento in cui scrivo sto per partire per il Marocco in un viaggio on-the-road con alcune amiche (e al mio ritorno non mancherò di raccontarti!)

 

Queste sono solo due delle tante pratiche che ti possono aiutare a riconnetterti alla tua donna selvaggia, integra, libera e nel suo potere.

 

Se vuoi lavorare su questi temi puoi contattarmi.

Resta in contatto con te stessa

Come sempre conoscere se stessi è la base sulla quale costruire una vita più felice e in linea con sé, che si tratti di relazioni, scelte professionali, la creazione di una nuova impresa o trovare un hobby in cui incanalare la nostra passione e i nostri talenti.

 

Ascolta te stessa: se senti il bisogno di tornare a liberare la tua energia, tornando alla tua natura di donna selvaggia non esitare a contattarmi. Creeremo il tuo percorso trasformativo, per ridare luce alle tue  caratteristiche e alla tua unicità.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Non devi sentirti bene a tutti i costi

Non devi sentirti bene a tutti i costi

Saper creare emozioni elevate e “positive” è importante per il nostro benessere, ma è fondamentale anche saper accettare e accogliere le emozioni pesanti o “negative” senza scappare né combatterle. Sentirti bene a tutti i costi non è possibile. Questa è la lezione che il mese di gennaio ha portato con sé.

Non devi sentirti bene a tutti i costi

Prima dell’articolo “Non devi sentirti bene a tutti i costi”, leggi qui⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

Un gennaio sfidante 

Gennaio può essere un mese difficile e quest’anno lo è stato per molti (me compresa).

Dopo la frenesia delle feste e l’entusiasmo per i buoni propositi, si torna alla normalità. L’inverno è ancora tutto davanti a noi, le ore di luce sono ridotte al minimo, il vero freddo si fa sentire, l’energia è bassa ed è spesso messa alla prova da influenze e mali di stagione. Quest’anno poi c’era anche qualche congiunzione astrale pesante (non me ne intendo, ma tutti gli esperti ne hanno parlato) e per molte persone tutto questo ha dato origine a un senso di fatica, demotivazione, tristezza e, per qualcuno, profondo scoramento.

 

La quasi totalità delle mie clienti e delle amiche con cui parlavo, mi riportavano questa fatica e io stessa, a causa di una momentanea debolezza fisica e stanchezza, ho avvertito internamente il peso di tutte quelle situazioni esterne.

Devi sentirti bene per forza?

Cosa possiamo fare quando le emozioni “negative” colorano di grigio le nostre giornate e ci fanno fare tanta fatica? Ma soprattutto, cosa è meglio non fare?

 

È normale preferire sentirci bene, rispetto allo sperimentare emozioni pesanti o “che contraggono”. Infatti, quello di evitare il dolore e andare verso il piacere è un istinto naturale.

 

Quello che invece non è naturale nè benefico, è opporre resistenza alle nostre emozioni pesanti, negandole, combattendole, o tentando in tutti i modi di evitarle.

È così che fabbrichiamo la sofferenza, senza saperlo, proprio con le nostre mani.

 

“Ciò a cui resisti, persiste”.

Sento l’importanza di parlare di questo perché forse saprai che sono una sostenitrice delle emozioni elevate e dei loro molteplici effetti positivi sul nostro benessere fisico, sulle nostre relazioni, sulla nostra capacità di darci degli obbiettivi ed attenerci ai comportamenti che sostengono la visione che vogliamo realizzare.

 

Ma questo non è in antitesi con il saper accettare le emozioni pesanti, che sono preziose messaggere e consigliere, se sappiamo ascoltarle.

 

La prima cosa da fare è smettere di giudicarle

Non è forse vero che abbiamo imparato a etichettare determinate emozioni come buone o giuste, e altre come come “cattive” o sbagliate?

Prima di rispondere di no 😉 pensa per un attimo se, crescendo, sei stata incoraggiata a vivere totalmente e liberamente i tuoi momenti di rabbia, paura, ansia, disperazione o nervosismo.

E pensa per un attimo cosa pensi di te, oggi, quando ti senti estremamente triste, arrabbiata, svogliata, senza speranza, invidiosa o hai paura di qualcosa.

 

Posso ipotizzare che NON sei stata incoraggiata a vivere liberamente l’intera gamma delle tue emozioni e che non ti piaci un granché quando oggi ti capita di viverle?

Sentiti libera di non sentirti bene 

Abbiamo la tendenza a classificare certe emozioni come “negative”, sbagliate e non desiderabili. 

Così quando le proviamo, tendiamo a giudicare noi stesse come negative, sbagliate e non desiderabili.

Noto questo soprattutto tra le donne che hanno già “lavorato su di sè”, che si impegnano nella propria evoluzione personale e spirituale, come se ci fosse un pensiero di sottofondo che dice:

 “No, di nuovo! Mi sento ancora così?! Non è possibile, proprio io?

Non dovrei sentirmi così, dovrei averlo superato…

C’è qualcosa che non va in me…”

Come se “lavorare su di sè” implicasse essere esenti dalle emozioni con una vibrazione più bassa. Non è così! Quello che cambia è il significato che diamo loro, la consapevolezza che abbiamo, e cosa decidiamo di fare con quei momenti.

 

Inoltre hai mai notato che giudicare le tue emozioni come “negative” ti fa provare un’emozione secondaria, che è a sua volta negativa?

 

Ad esempio: 

Perdi il controllo con i bambini e alzi la voce. O rispondi male al collega sgarbato. Poi ti arrabbi con te stessa per esserti arrabbiata.

O provi vergogna per esserti arrabbiata.

O ti senti triste e impotente per esserti vergognata.

Insomma, hai capito.

 

Quando percepiamo ed etichettiamo qualcosa come negativo o sbagliato, attiviamo la nostra primitiva risposta di attacco-o-fuga, come davanti a qualsiasi altra minaccia (reale o immaginata).

Questo meccanismo ci lascia con due opzioni:

 

1) combattere contro quell’emozione

2) fuggire da quell’emozione

 

ma, come capirai, nessuna delle due strade porta a un benessere a lungo termine.

 

Tutto cambia, invece, se prendi quell’emozione negativa e, anziché di tentare di fuggire via da lei e di forzarti a sentirti bene, distrarti, reprimerla o sostituirla con una più “desiderabile”, scegli di  accettarla e le permetti di esserci.

 

La via per provare più emozioni elevate è dare spazio anche alle altre.

 

Passo 1: guarda quell’emozione con occhi nuovi

Cambia sguardo su quell’emozione, non giudicarla buona o cattiva, giusta o sbagliata, ma chiediti piuttosto:

  •     cosa c’è di buono, in questa emozione?
  •     che messaggio mi porta? 
  •     di quale mio valore parla?
  •     quale mio bisogno mi segnala?
  •     quale aspetto della mia vita mi chiede di cambiare o di affrontare in modo differente?

 

Passo 2 : vivila completamente

Quello che va davvero a sciogliere quell’emozione dolorosa, è smettere di tentare di resisterle o combatterla e, al contrario, prenderti lo spazio ed il tempo per concentrare tutta la tua attenzione su quella sensazione (non sui pensieri che ti dicono “sto male per questo, o quest’altro” – solo sulla sensazione)

  •      senti e sii completamente presente alla sensazione.
  •    sii l’osservatore: osserva le tue emozioni e i tuoi pensieri senza identificarti con essi: tu non sei i tuoi pensieri, e non sei le tue emozioni
  •     non etichettare i tuoi pensieri e sensazioni come “positivi o negativi”, giusti o sbagliati- osservali soltanto, come fossero pesci in un acquario

 

Passo 3: inizia a creare qualcosa di diverso

Soltanto dopo che hai fatto questo, puoi spostare la tua attenzione in una direzione di creazione.

Puoi farlo così: 

  •   chiediti quale bisogno c’è dietro a quell’emozione “pesante” e in quale altro modo potresti soddisfarlo
  •     scrivi una lista di cose che sei desiderosa di fare
  •     scrivi 5 cose che apprezzi e 5 cose di cui sei grata, e continua a farlo per un po’ di giorni
  •   inizia a cercare opzioni per cambiare qualcosa della situazione che ti ha generato l’emozione Esempio: se ti senti indispettita perché il tuo collega per l’ennesima volta non si è preso le sue responsabilità al lavoro, e questo è ricaduto su di te, inizia a chiederti cosa potresti fare invece di subire. – Potresti parlargli chiaramente e fare una richiesta.
    – Potresti smettere di coprire le sue mancanze facendo tu.
    – Potresti segnalare il fatto a chi di dovere.
  •     nel raro caso in cui sia davvero impossibile intervenire, cerca opzioni per cambiare il tuo focus o il significato che dai alla situazione

 

In conclusione: Non devi sentirti bene a tutti i costi

La strada della vera trasformazione, del vero benessere, quando parliamo di emozioni, è quella di accoglierle, accettarle, sentirle. E solo poi indirizzare i nostri pensieri e la nostra energia in luoghi più produttivi.

 

La prossima volta che ti verrà da opporre resistenza a un’emozione spiacevole, ricordati di questo post che hai letto. Allarga le braccia e invita l’emozione ad esserci e ad attraversarti. 

Questo ha aiutato molte delle mie clienti a sciogliere le emozioni pesanti del mese appena passato… e ha aiutato molto anche me!

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.