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É sufficiente comunicare “bene” per comprendersi davvero?

É sufficiente comunicare “bene” per comprendersi davvero?

Nel dialogo è facile incorrere in incomprensioni e reazioni emotive inaspettate. Vediamo come potremmo comunicare meglio (o cambiare visione).

Farsi capire è sempre semplice?

Sapeva ascoltare, e sapeva leggere. 

Non i libri, quelli sono buoni tutti, sapeva leggere la gente

Alessandro Baricco.

 

Un problema ricorrente

 

Nelle ultime due settimane mi è capitato di imbattermi ripetutamente, in modo indiretto ma anche in prima persona, in una problematica ricorrente.
Sembrava che tutte le mie clienti, ma anche altre persone intorno a me, stessero vivendo la stessa difficoltà: quella di riuscire a farsi capire e discutere senza drammi. Chi con il partner, chi con il datore di lavoro, chi con la figlia adolescente e chi all’interno di un’amicizia importante, mi raccontavano tutte di non riuscire a comunicare in modo costruttivo e soprattutto con reciproca soddisfazione.

Sarà successo anche a te, questa difficoltà genera amarezza, senso di impotenza, frustrazione, o a volte rabbia e finisce per aumentare la distanza e far crescere l’incomprensione.

 

Come mai, nonostante si parta sempre con le migliori intenzioni, spesso finisce così?

 

Farsi capire è comunicare bene

 

La comunicazione interpersonale è un tema vasto e pieno di sfaccettature, e che affronto spesso perché credo sia l’attività senza la quale tutte le altre sarebbero fallimentari. 

Pensaci.

La comunicazione è alla base di ogni nostra relazione e di ogni nostra attività, pertanto possedere l’abilità di comunicare con il prossimo, di comprendersi e farsi comprendere, aumenta non solo la nostra soddisfazione e il nostro sentirci nutriti, ma anche la nostra probabilità di successo nella quasi totalità delle cose che facciamo.

 

Oggi voglio affrontare con te uno di questi aspetti che, se riconosciuto e padroneggiato, potrà fare tutta la differenza del mondo nelle tue comunicazioni interpersonali.

 

Prenderò come esempio un episodio di cui sono stata testimone

 

Qualche sera fa eravamo a cena a casa di amici: l’atmosfera era leggera, i discorsi poco impegnati, il cibo buono, una grande piacevolezza, anche se per me, che prediligo uno scambio più autentico e approfondito, stavamo tutti galleggiando un po’ troppo sulla superficie delle cose.

 

A un certo punto uno degli invitati si è espresso su un fatto accaduto ad altri, schierandosi vigorosamente dalla parte di ciò che lui riteneva “giusto”. Era molto coinvolto e, da come parlava, sembrava piuttosto sicuro che il suo punto di vista fosse l’unico possibile.

Lo ascoltavo e osservavo attentamente. Vedevo che dietro a quelle parole si stava muovendo molto di più, percepivo che fosse la punta di un iceberg, e cercavo di comprendere cosa l’iceberg contenesse.

A un certo punto, con molta calma, ho risposto dicendo che comprendevo il suo punto di vista ed ho offerto quello che vedevo dalla mia prospettiva.

 

Evidentemente, nonostante la mia pacatezza, ho toccato qualche verità per lui intoccabile

L’ho visto trasformarsi. Se per tutta la sera, prima di sollevare l’argomento, era rimasto abbastanza silenzioso e quieto, comportandosi in modo gentile, anche se poco partecipe, a un certo punto è uscito fuori un drago sputafuoco.

Ha iniziato a sgranare gli occhi, ha alzato il tono della voce, è diventato paonazzo, ha personalizzato la discussione (ovvero ha portato la cosa sul piano della propria vita, come se il protagonista della storia fosse lui) e si è messo a difendere il suo punto di vista come si trattasse di vita o di morte.

 

Cos’era accaduto?

Possiamo comunicare solo in due modi:

 

  •     o parliamo a partire dal nostro carattere, dalla nostra personalità, dall’ego, da quella struttura difensiva che abbiamo dovuto costruire per affrontare la vita e le sue sfide senza farci troppo male
  •     o parliamo dall’organismo, ovvero dalla nostra essenza, dal nostro cuore.

 

Secondo te, da dove stava comunicando il mio interlocutore? 

Voglio che sia chiara una cosa. Stiamo solo osservando e da parte mia non c’è giudizio. Lasciar parlare il nostro carattere è qualcosa che tutti facciamo molto spesso, a meno che non ci alleniamo a fare diversamente e portiamo molta attenzione alla cosa.

 

In questo caso qualcosa era stato toccato, nelle sue convinzioni e valori, nel modo in cui era stato educato, in ciò che aveva imparato a considerare giusto o sbagliato, e stava combattendo per difenderlo. A parlare quindi, in quel momento, non era il cuore ma la personalità, con tutta la sua storia.

 

Non era interessato a comprendere il mio punto di vista, a mettere in dubbio ciò che difendeva con tanta veemenza, o semplicemente a confrontarsi, anche scegliendo poi di rimanere della sua idea: voleva proprio distruggere ogni altra possibilità.

 

 La nostra prima reazione di fronte all’affermazione di un altro è una valutazione o un giudizio, anziché uno sforzo di comprensione. Quando qualcuno esprime un sentimento o un atteggiamento o un’opinione tendiamo subito a pensare “è ingiusto”, “è stupido”, “è anormale”, “è irragionevole”, “è scorretto”, “non è gentile”. Molto di rado ci permettiamo di “capire” esattamente quale sia per lui il significato dell’affermazione.

Carl Rogers

 

 

Qual è l’intento che abbiamo quando comunichiamo con gli altri, specie le persone a noi più vicine?

 

Di solito le nostre intenzioni sono buone. Vorremmo farci capire, vorremmo che gli altri apprezzassero il nostro punto di vista, o comprendessero la nostra richiesta, o venissero incontro alla difficoltà che stiamo comunicando. Eppure molto spesso otteniamo l’effetto opposto, creando incomprensione e distanza. 

 

Ci sono molte cose che potremmo approfondire per quanto riguarda la comunicazione “sana”: le barriere da evitare, l’importanza dell’ascolto e le sue fasi… ma c’è una cosa che secondo me è la più importante e che fa sempre la differenza: fare contatto e rimanere nell’energia del cuore.

 

Per capire i sentimenti degli altri devi innanzitutto comprendere i tuoi.

(Daniel Goleman)

 

Se non siamo in grado di compiere questo passaggio dalla personalità al cuore, il confronto con l’altro è permeato da un senso di minaccia e si reagisce come davanti a un reale pericolo per la nostra sopravvivenza.

 

Chi vince?

Lo stato in cui viviamo normalmente – che “normale” non è per niente – è uno stato di perenne allerta, una condizione di leggero stress di sottofondo dovuto alle sfide e ai ritmi di questo nostro tempo e quando interviene qualcosa che il nostro sistema classifica come “pericolo”, la reazione è quella di contrattaccare il nemico (reale o immaginato che sia) con tutte le nostre forze.

 

In questo caso però non ci saranno vincitori, perché se nella relazione uno vince e l’altro perde, significa che la relazione ha perso, perciò hanno perso entrambi.

Qual è la via d’uscita?

Cerca prima di capire, poi di essere capito.

Stephen R. Covey

La via d’uscita è dentro di te.

 

Ci sono 2 fasi: auto-osservazione e trasformazione

Nella fase di auto-osservazione possiamo:

  1.  Accorgerci del meccanismo che si è attivato in modo automatico, e accorgerci quali sono le nostre reazioni davanti quella che percepiamo una minaccia
  2. chiederci: perché sto difendendo questa mia opinione o punto di vista come si trattasse di vita o di morte? qual è il bisogno che si nasconde qui sotto?
  3. e ancora: cosa sento nel corpo? quali pensieri sto formulando al riguardo?

E poi c’è la fase di trasformazione, ed è un allenamento a sentire e a rimanere nell’energia del cuore.

Stare nell’energia del cuore non significa “volemose ‘bbene” o fingersi compiacenti. Significa fare contatto con il nostro cuore, con la totalità di ciò che siamo, con l’espressione più ampia e meno condizionata della nostra intelligenza, con la parte di noi che desidera costruire, al contrario del “piccolo sè” che crede di dover vincere per poter esistere. Significa comprendere, smettere di difendere la propria posizione e costruire un ponte tra noi e l’altro, nonostante le divergenze.

 

Ecco quindi le fasi per shiftare la tua energia:

  1.  fai caso al tuo respiro, nota se è bloccato, se è troppo veloce, se sei in apnea…
  2. porta la tua attenzione al cuore, respira con il cuore e mantieni lì la tua attenzione mentre sei, allo stesso tempo, presente anche all’esterno
  3. ascolta l’altro senza giudicare, porta un atteggiamento di curiosità verso il suo mondo, cerca di comprendere cosa c’è dietro a quello che dice
  4. solo allora puoi rispondere, e a volte scoprirai che non è nemmeno necessario farlo.

 Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere.

Pablo Picasso

Arriviamo al punto 

Al di là di tutte le altre competenze che potremmo acquisire, imparare ad essere stabilmente in contatto con il nostro cuore, saper come far ritorno a quell’energia e a quella intelligenza è la chiave per una comunicazione e una vita più “illuminata”.

Immagino saprai che nel cuore ha sede un “piccolo cervello”, una complessa rete neuronale di circa 40.000 neuroni molto specializzati che sembra sappiano prendere decisioni più velocemente e in modo più efficace del nostro “primo cervello”, al quale poi mandano i suoi suggerimenti. 

 

Quando però siamo totalmente identificati con la nostra personalità, con i nostri pensieri, con il nostro ruolo… quei suggerimenti non possiamo sentirli, perché bisbigliano, non gridano.

È per questo che serve rallentare, respirare, ascoltare… La tua guida è lì e non vede l’ora di farti scoprire tutte le tue capacità e potenzialità.

 

Come posso aiutarti

 

Questa è uno degli allenamenti che pratichiamo nel Cammino della Leggerezza 

Se vuoi imparare a shiftare la tua mente e la tua energia, da una modalità reattiva, automatica, figlia dello stress, a una espansa, presente, consapevole, c’è ancora qualche posto nel gruppo in partenza l’11 ottobre.

IL CAMMINO DELLA LEGGEREZZA

Ritrova lo slancio e riparti da te

Prenota oggi l’iscrizione: ancora pochi posti disponibili

L’Equilibrio vita – lavoro non esiste 

L’Equilibrio vita – lavoro non esiste 

La ricerca continua dell’equilibrio porta più stress che benefici.

Ti racconto gli esiti della mia ricerca sul work – life balance.

 

 

equilibrio vita lavoro

 

Da poco ho preparato un intervento per un evento formativo dedicato a imprenditrici e imprenditori incentrato sull’Equilibrio vita-lavoro. Ho fatto perciò delle profonde riflessioni sul tema del Work-life balance, ho letto diversi articoli e guardato svariati speech in cerca di ispirazione, chiedendomi che tipo di contributo volevo dare a questi professionisti, per aiutarli a creare una miglior qualità della vita e del lavoro. Quindi sono arrivata alla mia conclusione.

 

L’equilibrio vita-lavoro non esiste, e ora ti spiego perché

 

Che immagine abbiamo quando pensiamo a una vita in cui questo fatidico equilibrio è raggiunto? Forse immaginiamo una serie di giornate ideali, ben organizzate e con ritmi sostenibili, con le nostre 24 ore equamente suddivise in 8 ore di lavoro, 8 di famiglia e svago e 8 di sonno.

Nelle 8 ore dedicate ai nostri cari e allo svago immaginiamo una sorta di famiglia del mulino bianco, dove ci si sveglia cinguettando, si fa colazione insieme immersi tra sorrisi e sguardi amorevoli, si svolazza felici verso scuola o lavoro. Pilates nella pausa, caffè con le amiche (o birra con gli amici) e una serata idilliaca prima di chiudere gli occhi e dormire profondamente, per svegliarsi rinfrancati e carichi all’alba del nuovo giorno.

 

Chi ha una vita così?

 

Io non conosco nessuno. Ma soprattutto siamo sicure che la suddetta vita sarebbe garanzia di benessere e felicità?

 

Il confine tra vita privata e professionale

Un altro dei motivi per cui credo che inseguire questo “equilibrio” sia una missione impossibile è perché è sempre più difficile distinguere il lavoro dalla vita personale. Prendersi cura dei genitori anziani, occuparsi di un figlio adolescente, andare dal commercialista, accudire bambini piccoli, pagare l’IMU e fare la fila alla Posta, appartengono alla sfera della vita o a quella del lavoro?

E se penso allo smart working mi sembra che le cose siano ancora peggiorate. L’ho citato con il nome che è ormai diventato di uso comune, anche se faremmo meglio a chiamarlo remote working: è semplicemente lavorare da casa e di smart non ha nulla.
Rispondi a una call mentre metti su una lavatrice, controlli le mail mentre segui i figli con i compiti, passi da un’attività all’altra in un infruttuoso multitasking e in una totale commistione di ruoli.

 

E noi pretendiamo di trovare l’equilibrio in tutto questo. Nah.

 Aspirare a un miglior benessere nella nostra vita, però, è sacrosanto.

Ti do una buona notizia: questo è anche possibile. Ecco i miei 4 punti sul tema:

 

1) non ricercare l’equilibrio, ma l’appagamento

 “Stanchi, ma felici”, impegnati su più fronti ma con un senso di scopo: non è forse questo che vorremmo provare alla fine della giornata?

Se ci togliamo l’idea che tutto debba essere bilanciato e in equilibrio, secondo me ci siamo già tolti una bella fonte di stress. L’equilibrio dovrebbe essere il mezzo per un fine, e quel fine è proprio, secondo me, l’appagamento

E non sarà probabilmente un’ora di palestra in più a farci sentire appagati, ma piuttosto renderci conto, e prenderci cura, delle 4 dimensioni principali che caratterizzano il nostro essere umani: abbiamo un corpo, una mente, delle emozioni, e probabilmente un’anima (per quanto mi riguarda non ho dubbi in tal senso).

Per sentirci appagati dovremmo imparare a nutrire e prenderci cura del nostro benessere fisico, mentale, emozionale e spirituale. 

Di questo ho già parlato in altre sedi: me ne occupo in tutti i miei percorsi di coaching e non andrò in dettaglio qui.  Ma puoi semplicemente iniziare a porti questa domanda, e trovare le tue risposte:
cosa posso fare, o smettere di fare, per aumentare il mio benessere in ognuna di queste 4 aree?

A volte la risposta sarà semplicemente “togliere”, alleggerire, dire di no a qualcosa. A volte cambiare strada. Altre, fare piccoli cambiamenti, oppure grandi.

La tua strada verso un maggior appagamento può iniziare proprio ora.

 

2) non è una ricetta universale, ma personale; non è fissa, ma dinamica

Il tipo di appagamento di quando sei studente non è certo lo stesso di quando metti su famiglia, o di quando ti accorgi che il lavoro che stai facendo non ti coinvolge né ti soddisfa più come all’inizio.
È una cosa ovvia, eppure sembriamo dimenticarcene quando finiamo appunto “fuori equilibrio”. Vorremmo che le cose restassero così come le abbiamo impostate.

 

Invece è una domanda da ripetersi spesso, una sorta di tagliando da fare regolarmente. 

 

Spesso avremo la sensazione che “la coperta sia troppo corta”. Beh, ti dò una notizia: lo è! La nostra società corre veloce (verso dove non si sa, ma questo è un altro argomento 😉 ), le informazioni e la tecnologia viaggiano alla velocità della luce e solo per rimanere fermo/a dove sei, ti sarai accorto/a che devi remare sempre più veloce. Sì, a volte può essere estenuante.

Ma se sai che la coperta è troppo corta, ti regolerai di conseguenza: a volte lascerai fuori i piedi, e quando si saranno raffreddati un po’ troppo li coprirai, e lascerai fuori le spalle. 

Se partiamo ben sapendo che le nostre to-do-list saranno sempre troppo lunghe per essere azzerate, possiamo iniziare a trarre soddisfazione dal fatto che stiamo vivendo tenendo in considerazione i nostri valori e i nostri veri bisogni (e non mi riferisco solo a quelli primari). Non punteremo l’attenzione sull’aver “fatto tutto” ma sul fatto che ci sentiremo progredire.

 

Il mondo là fuori ci mette l’asticella sempre più alta, ma a volte non serve saltarla, se non è nel nostro miglior interesse: possiamo mettere su un po’ di musica e passarci sotto, come nel limbo.

In pratica: decidi tu a cosa dare il tuo tempo, la tua attenzione, le tue energie e il tuo investimento emotivo, in ogni momento. Come fare? vai al prossimo punto. 

 

3) la visione di te a 80 anni guida le tue azioni quotidiane

Da un po’ di tempo c’è una novità nella mia vita: ho un nipotino di 5 mesi (di cui sono follemente innamorata). È chiaro che il patchwork della mia vita mi ha richiesto una revisione, perché per me dedicare del tempo a mia figlia e al piccolino è assolutamente una priorità.

 

Sono una nonna relativamente giovane, ancora molto attiva e con una vita personale ricca di attività che amo portare avanti, perciò se voglio esserci nella loro vita, ho bisogno di riprogettare le cose, cambiare qualche abitudine, essere creativa, rompere qualche schema, reinventarmi.

 

Se immagino il mio 80esimo compleanno circondata dall’amore e dalla presenza delle persone che amo, ho da dedicare amore e presenza oggi, a mia volta.

Inoltre, se mi immagino autosufficiente, lucida e in forma, ho da far in modo che la mia settimana preveda momenti di movimento, allenamento, approvvigionamento di cibi quantomeno “decenti”  e qualche attività buona per la mente.

 

Quindi la mia visione guida le mie decisioni quotidiane.

In fondo essere disciplinati significa proprio applicare, nella nostra quotidianità e a piccole dosi, una visione più ampia che ci sta a cuore (e te lo dice la regina delle indisciplinate ribelli). È fattibile, e fonte certa e costante di micro dosi di appagamento.

 

E tu, hai mai pensato a come vorrai festeggiare il tuo 80esimo compleanno, e a come immagini di essere?

 

Certo, il nostro impegno in quella direzione non è garanzia di successo al 100%. Ma se lasci che sia il caso – o gli altri – a decidere, possiamo essere quasi certe/i che il risultato sarà ben distante.

 

 

 

4) fermati, fatti domande e ascolta le risposte che vengono da dentro 

Non puoi sentire le risposte se non ti fermi a farti domande e ad ascoltare ciò che emerge dal tuo interno. Uno dei mali dei nostri tempi è che tentiamo di risolvere tutto con la razionalità, con le informazioni, con gli esperti, i dati e le statistiche. Ma tutto questo ci parla del passato, raccoglie numeri ed esperienze di quel che è stato fino a questo momento. Invece affrontare il presente e il futuro necessita di “dati” che ancora non esistono: ecco perché serve affinare la propria capacità di ascoltare le sensazioni, i bisogni profondi, l’intuizione, i desideri del cuore.

 

Chiediti: 

“Sto vivendo la vita che voglio, o quella che ci si aspetta da me?” 

“Cosa voglio io davvero?”

A volte sarà importante farti aiutare, soprattutto nel farti domande buone e sempre nuove, ma le risposte saranno sempre e solo le tue.

Se crei lo spazio, il tempo e l’apertura, le risposte non tarderanno ad arrivare.


Ha senso cercare l’equilibrio?

Le nostre vite somigliano all’attività di un giocoliere, ed è impossibile pensare di poter tenere le palline per aria in perenne movimento. Ricercare l’appagamento, in modo personale e dinamico, significa sapere perfettamente che spesso una di quelle palline cadrà a terra, ma sapere anche quale lasciar cadere, perché non farà un grande danno, e quale tenere assolutamente in movimento, perché non possiamo permetterci di farla cadere.

Una volta sarà la tua relazione a chiedere un’extra dose della tua attenzione, una volta un’amicizia in crisi, un’altra volta il tuo corpo che ti avrà necessità di una maggior amorevolezza, oppure ci sarà una prospettiva di carriera che ti chiederà un supplemento di tempo ed energia.

 

Ma se conosci i tuoi valori, se hai una visione – anche se non dettagliata – della tua vita a lunga scadenza, se hai chiarezza su ciò che conta per te e quindi hai una direzione (nota che non ho parlato di obbiettivi!), se ciò che fai, pur essendo faticoso a volte, ti dà un senso di scopo, credo che alla fine delle tue giornate e delle tue settimane “non equilibrate” potrai sentire che ne è valso l’impegno. 

 

Insomma, sentirai quel senso di appagamento che tutti noi cerchiamo.

E questo, a parer mio, vale più della chimera dell’equilibrio.

Crea la tua energia

Crea la tua energia

L’energia, così come la felicità, non va cercata fuori di te. Tu sei in grado di crearla: con il giusto livello di consapevolezza puoi fare molto per te stessa. 

Pronta a scoprire la “formula magica dell’energia”? 

Mi dispiace deluderti ma no, non ci sarà nessuna polvere o pozione miracolosa a venire in nostro aiuto e riattivarci miracolosamente. Però c’è moltissimo che puoi fare se diventi consapevole delle preziose informazioni che arrivano da dentro, e se impari a utilizzare quelle stesse informazioni a tuo vantaggio.


Dopo anni di attenzione ed ascolto, ho imparato a riconoscere quali sono le attività quotidiane che mi danno la carica e quali, invece, sono una specie di kryptonite (sono sicura che anche tu ne hai qualcuna). Spesso però non le posso evitare del tutto, e allora serve diventare bravissime a ricaricarci e soprattutto diventare kryptoniteresistenti.

Ti piacerebbe? Seguimi.

Ti presento la TRIADE dell’energia


Le iscritte alla newsletter hanno avuto delle preview approfondite su questo argomento: mattoncino dopo mattoncino, ho parlato loro dei passi da fare per tenere monitorata la nostra energia e smuoverla quando è necessario.
Se vuoi iscriverti anche tu vai qui 🙂 

Inizia dal corpo

Il primo elemento della TRIADE è ciò che fai con il tuo corpo: la postura, come tieni le spalle, quanto è eretta o incurvata la tua schiena, la respirazione, l’espressione del tuo viso. Ma anche dove tieni le mani! Spesso, quando siamo sovrappensiero o in tensione, le nostre mani vanno a titillare qualche parte del viso, a stressare una ciocca di capelli o a combattere con le pellicine… ebbene – a tutto questo corrisponde un certo stato d’animo e generalmente a un’energia piuttosto stagnante. 

Anche l’uso della voce concorre a creare il nostro stato interno e la nostra energia: parlare a voce piena o con la voce di un gattino ha un effetto diverso non solo sugli altri, ma in primis su te stessa.

Siamo un tutt’uno! Non possiamo assumere la stessa identica postura e tutte le altre caratteristiche di quando siamo tristi e sperare di sentirci entusiaste – non funziona così.

Possiamo intervenire: senza snaturarci, senza forzarci, ma portando attenzione e consapevolezza e, se non ci piace quello che si è creato dentro di noi in modo “automatico”, possiamo modificarlo e ci sentiremo subito diversamente.

Dov’è il tuo focus?

ll secondo elemento della TRIADE dell’energia risiede nel nostro focus, dove dirigiamo la nostra attenzione. 

Il tuo cervello, in ogni momento, deve filtrare miliardi di informazioni che  lo bombardano dall’esterno e dall’interno. Deve decidere cosa sia “rilevante” e cosa non lo sia e deve farlo in frazioni di secondi e con il minimo dispendio di energia. Pertanto, fa costantemente 3 operazioni: distorce, generalizza e cancella . In questo modo “tiene” delle informazioni e, necessariamente deve ignorare qualcos’altro. 

Le sue scelte sono buone per la sopravvivenza. Ma lo sono anche per la tua prosperità, felicità, e piena realizzazione? E che effetto hanno sul tuo livello di energia?

Non possiamo lasciare che siano le nostre vecchie programmazioni a decidere, ed è qui che entriamo in ballo noi.

Perciò vorrei che ti fermassi e facessi a te stessa alcune domande. 

Fai qualche respiro profondo e prova a dare una risposta:

  • A cosa do la mia attenzione, prevalentemente o in questo preciso momento?
  • Alle possibilità, o agli ostacoli?
  • Alle soluzioni, o ai problemi?
  • Alla paura di fallire, o al desiderio di creare?
  • A tutte le ragioni per cui potrebbe andare male, o all’unica ragione per cui vale la pena di farlo?
  • A ciò che è importante, o alle mille possibili distrazioni?
  • A quello che mi viene raccontato, o a quello che sento essere vero?
  • Ai difetti del mio/della mia partner, o a tutto ciò che c’è di incredibilmente buono in lui o lei?
  • Ai miei limiti, o alle mie capacità? 

E ancora:

  • Ti concentri sulle cose che puoi controllare, che dipendono da te, oppure su ciò che è fuori dal tuo controllo?
  • Ti concentri su un passato che non c’è più, su un futuro che non esiste ancora, o sul momento presente, dove puoi decidere e agire? 

Mettere l’attenzione su qualcosa, esclude inevitabilmente qualcos’altro – ecco perché è importante scegliere bene quale parte alimentare.

Ciò a cui dedichi la tua attenzione, crea il tuo mondo. 

Puoi vivere in un mondo di ostacoli o in uno di possibilità. Se ti concentri sempre su ciò che manca, è difficile sostenere la tua felicità.

Il linguaggio. Le parole sono importanti.

C’è un terzo elemento, che concorre a creare il tuo stato e il tuo livello di energia: è il linguaggio che utilizzi e i significati che attribuisci a tutto ciò che accade.

Non solo ad alta voce, ma specialmente dentro di te, il linguaggio che usi per descrivere le tue giornate, il modo in cui interpreti le situazioni e i significati che dai a ciò che accade, può rendere la tua vita un inferno o… un luogo di villeggiatura!

Facci caso

Usi parole che ti incoraggiano, ti fanno vedere possibilità, ti fanno sentire bene, ti fanno sentire alla guida della tua vita in ogni momento, oppure usi un linguaggio e una narrazione dove tu sei la vittima, o dove la vita è ingiusta, o dove gli altri sbagliano sempre? Oppure da mattina a sera ti dici “devo” fare questo, “devo” fare quello e  in generale usi un linguaggio che ti toglie potere ed energia?

Il lavoro sul tuo stato e sulla tua energia è un lavoro importantissimo, perché sta alla base delle tue decisioni e di tutti i tuoi comportamenti. In cambio ti richiede solo un po’ di attenzione e di allenamento. Si tratta di un’abitudine che, giorno dopo giorno, entra a far parte della tua routine e crea la tua identità. 

Mi riferisco a quell’identità come la tua “casa emozionale”, ovvero il luogo a cui tendi a tornare dopo un momento particolarmente felice, o particolarmente difficile. Quella “casa” gioca un ruolo fondamentale, spesso ha il controllo della tua vita: è quello che nei miei percorsi chiamo “il punto chiave della felicità”.

Ma ora dimmi

Come ti senti in quella casa? Sei soddisfatta di come stai lì o c’è qualcosa che vorresti cambiare? Se hai bisogno di una mano per “ristrutturarla” sono qui per te, ti invito al mio nuovo percorso in partenza a fine mese: scrivimi per maggiori informazioni!

Un abbraccio,
Gina

Cambia percezione, cambia risultati

Cambia percezione, cambia risultati

La tua percezione è sempre attiva oppure, a volte, ti ritrovi a compiere dei gesti in modo del tutto automatico? Voglio parlarti di quello che puoi fare, semplicemente cambiando percezione. Ne sarai stupita. Perché da una percezione più attiva cambiano anche i risultati e, questo significa maggiori benefici con il solo utilizzo della tua mente!

Lascia che ti racconti quello che è successo a me

L’altra mattina stavo facendo le pulizie di casa e, mentre lo facevo, ho iniziato a pensare “Caspita, però stamattina non ho fatto i miei 10 minuti di ginnastica…”. In effetti, ero partita lancia in resta… ehm diciamo che ero partita aspirapolvere in resta, carica per l’operazione dust-buster ancor prima di colazione, stravolgendo la mia routine mattutina. Proprio io che normalmente faccio i miei 5 tibetani e 5 minuti di HIIT per risvegliare il corpo (lo sai già vero, che la mattina sono una specie di zombie?). 

Ma poi mi sono detta «Ehi, ma io sto già “facendo ginnastica”».

Certo, ora starai pensando che non è proprio la stessa cosa, e hai ragione, ma potrebbe esserlo, con la giusta percezione

Quello che sto per raccontarti potrebbe esserti utile in questi giorni di semi-reclusione, in cui non possiamo andare in palestra, a yoga o a fare zumba e magari dobbiamo passare una maggior quantità di tempo a fare le normali attività casalinghe, che di solito deleghiamo almeno in parte.

Quello di cui ti sto per parlare ha a che fare con la percezione, ancor meglio con la consapevolezza, e i suoi risvolti sono tantissimi e hanno a che fare con moltissimi aspetti, oltre alla tua forma fisica.

L’esperimento sulla percezione 

Nel 2006 la psicologa Ellen Langer dell’Università di Harvard ha condotto un esperimento che ha coinvolto 84 cameriere ai piani che lavoravano in 7 diversi hotel.

Alle donne è stato chiesto quanto allenamento fisico facessero mediamente, e tutte hanno dichiarato di non dedicarsi a nessun tipo di allenamento ( 1/3 ha detto zero, 2/3 hanno detto solo saltuariamente). Sono quindi state effettuate tutte le misurazioni del caso (massa magra/massa grassa, peso, centimetri nelle parti “cruciali”, pressione sanguigna ecc.) ed i risultati hanno confermato quanto dichiarato, ovvero i parametri erano quelli delle persone sedentarie.

Il gruppo iniziale è quindi stato diviso in due.

Il primo gruppo (44 persone) è stato informato del fatto che in realtà quello che loro facevano pulendo 15 camere ogni giorno, superava abbondantemente la quantità di attività fisica raccomandata dai medici ed è stato fornito loro un corollario di dettagli su quante calorie si bruciassero passando l’aspirapolvere o strofinando i sanitari, cosa succedeva al loro corpo quando cambiavano le lenzuola o pulivano i vetri e così via.

Alla fine un promemoria di queste informazioni è stato reso visibile sul loro posto di lavoro e alle signore è stato chiesto di non modificare nulla delle loro normali abitudini.

Al secondo gruppo invece non è stata data alcuna informazione.

E un mese dopo indovina cos’è successo?

Il gruppo “informato”, nonostante non avesse portato alcun cambiamento alle proprie abitudini, aveva in realtà modificato sensibilmente i parametri precedentemente misurati, dimostrando perdita di peso, diminuzione massa grassa e aumento massa muscolare, regolazione della pressione sanguigna, giro vita e giro fianchi diminuiti. 

Risultati concreti senza “fare niente”?
Non proprio: comportamento identico, ma differente atteggiamento mentale.

La percezione conta

Cosa era successo a queste donne? Erano diventate consapevoli di quello che stavano facendo, ci avevano dato un significato diverso: prima stavano solo “lavorando”, ora stavano anche facendo attività fisica! 

Forse avevano iniziato a portare la loro attenzione ai movimenti, anziché a farli in modo meccanico e “assente”, hanno aumentato il coinvolgimento, la presenza, la mindfulness – tanto da produrre modifiche tangibili nel loro corpo.

Cosa ci insegna questo esperimento sulla nostra percezione?

Questo, come molti altri esperimenti fatti, ci dice che la consapevolezza è qualcosa di impalpabile ma che diventa tangibile, che quello che crediamo ha un’influenza sui risultati concreti, e che la mente ha un effetto potente sul corpo. Ci ricorda che le informazioni che riceviamo ci aiutano a creare delle immagini, che vanno ad influenzare il nostro presente e il nostro futuro. È quindi fondamentale vigilare su cosa influenza la nostra immaginazione, in questi giorni più che mai.

In questi giorni di “tempo sospeso”, di semi isolamento e “reclusione” in cui la maggior parte delle nostre abitudini è stata stravolta, come potremmo usare questa conoscenza per il nostro bene? Quale promemoria vorremmo tenere a vista in questo periodo, al pari delle pulitrici dell’esperimento?

Ora tocca a te: cambia percezione e cambia i risultati!

Per esempio potresti notare cosa innalza, cosa espande la tua energia, e quello che invece la abbassa (io pur tenendomi alla larga dalla tv e dalla radio ancor più del solito, risento comunque di quel minimo di informazione che mi arriva).  Trova quindi le TUE pratiche per rimettere in equilibrio il tuo sistema.

Queste sono quelle che funzionano con me:

  • Respirare.
  • Sorridere.
  • Ballare scatenata.
  • Amare.
  • Provare cose nuove, anche se chiusa in casa.
  • Meditare per la guarigione del mondo.
  • Massaggiare il mio corpo con una crema profumata.
  • Sentirmi parte di qualcosa di molto più grande, sentire che forse, per la prima volta a livello mondiale, siamo una cosa sola e potremo farcela solo se restiamo uniti.

Qualsiasi cosa tu decida di fare, metti te stessa interamente in quell’attività, che sia passare la scopa, fare i biscotti, leggere una storia ai tuoi figli o progettare lo sviluppo della tua attività non appena saremo fuori da qui.

Perché il futuro si crea nel presente.

E credo che sia il momento giusto per creare insieme, qui e ora, il mondo migliore che tutti noi desideriamo.

Un abbraccio, con amore

Gina

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Individua l’anti-parola del 2020, un esercizio per riconoscere quando diventi il limite di te stessa

Individua l’anti-parola del 2020, un esercizio per riconoscere quando diventi il limite di te stessa

L’anno nuovo è da poco iniziato e, come di consueto, nel primo periodo si tende a fare bilanci e “pronostici” per l’anno che verrà.

Fa parte delle pratiche di gennaio quindi, definire quale sarà la parola che ci accompagnerà nei mesi a seguire.

Questo esercizio, diventato un trend negli ultimi anni, può esserci d’aiuto per individuare una guida, quasi una sorta di mantra che possa orientare le nostre energie e le nostre risorse durante l’anno.

 

Cerco di spiegarmi meglio

 

Immagina che tu senta che la parola giusta per orientarti nel 2020 sia CORAGGIO. Questo termine diventerà per te uno sprone, un memo, un monito. Nelle situazioni difficili ti tornerà alla mente il coraggio, tingerai con questa sfumatura di coraggio tutte le situazioni in cui sentirai di dover tirar fuori la carica, dove magari restavi ad osservare senza dire la tua, o dove magari eri troppo accondiscendente e non te la sentivi di mettere dei sani paletti. O ancora dove evitavi di proporti per quella collaborazione o per quel progetto per paura di ricevere un rifiuto.

Ecco che, grazie all’individuazione della parola del 2020, sarai in grado di ricordare la rotta da mantenere, nel mare magnum delle possibilità, delle sollecitazioni e degli svarioni emozionali che viviamo quotidianamente.

 

E l’anti-parola allora?



 

Altrettanto interessante è l’individuazione dell’anti-parola dell’anno. L’anti-parola non è altro che la rappresentazione della nostra kryptonite, della dispersione delle nostre energie, della vanificazione dei nostri sforzi e propositi.  Sarà il segnale di allerta a cui porre attenzione, sarà il campanello d’allarme che ci riporterà sulla nostra direzione.

 

E ora, con la dovuta spensieratezza, andiamo a fare questo veloce esercizio per individuare l’anti-parola per il 2020. Pronta?

 

 

  1.  Pensa per un attimo alle situazioni in cui non ti sei piaciuta, non ti sei riconosciuta o hai giocato al ribasso nell’ultimo anno.
  2. Pensa ai momenti in cui quello che hai pensato, detto, fatto o sentito come emozione, è stato lontano dalla meraviglia che sai di essere.
  3. Pensa a cosa ti ha trattenuta dal cogliere le giuste opportunità per il tuo lavoro e per la tua vita.
  4. Cerca la matrice comune, un elemento che tu riscontri in tutte e tre le riflessioni sopra. Riassumile in una sola parola che abbia senso per te (nei limiti del possibile).
  5. Ora la parte divertente. Scrivi la parola su un foglio, fai una bella X rossa sopra, come se fosse soda caustica o veleno per topi: è pur sempre la tua kryptonite! Assicurati che sia evidente anche visivamente. Infine, trova il modo più forte per te per distruggere quel foglio. Fallo in frantumi, buttalo nel water, brucialo: eliminalo dalla tua vita. (questo passaggio è importante, perché nei punti precedenti hai lavorato con la tua mente conscia, ma ora dobbiamo registrare il cambiamento a livello più profondo, e questo piccolo rituale è quello che ci vuole per comunicare con la tua mente subconscia, la parte sommersa dell’iceberg).
  6. Bene!!! Ora ti chiedo di condividere con me la tua anti-parola dell’anno, spiegando come ti è stata d’ostacolo quella parola nelle situazioni citate nelle domande 1, 2 e 3.

 

Sperando che eliminare la tua anti-parola sia stato fortemente liberatorio, ti mando un forte abbraccio!

Gina

 

 

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