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Dove vai, se l’autostima non ce l’hai…

Dove vai, se l’autostima non ce l’hai…

Autostima e altri miti. Scopriamo come difendersi dai luoghi comuni della crescita personale.

Dove vai, se l'autostima non ce l'hai...

Se vuoi puoi!

Devi crederci!

Devi uscire dalla tua zona di comfort!

Ma soprattutto…”Devi avere più autostima!”

e se non fai tutto questo, la peste ti colga!

Se mi conosci o hai già letto qualche altro mio post, sai che mi piace sottolineare quanto mi senta lontana da molti dei luoghi comuni della crescita personale e di un certo tipo di formazione  e di quanto possa essere dannoso prendere queste incitazioni per oro colato.

 

Ma vediamo alcuni luoghi comuni…

 

1) Se vuoi puoi

Gemella eterozigota di Volere è potere

Volere non è potere. Volere è volere. 

Certamente è la miccia per poter iniziare a fare qualcosa. Ma non è certo garanzia di successo.

Ti è mai capitato di volere più denaro, una salute migliore, un lavoro più gratificante o una relazione più appagante? O magari semplicemente meno cellulite, più capelli, meno chili (per non parlare degli anni).

Eppure, sono certa lo avrai constatato anche tu, che il volere queste cose non ti ha anche reso/a automaticamente capace di ottenerle.

 

L’intenzione positiva

L’intenzione positiva di questa affermazione è darti una sorta di sveglia, una cosa del tipo : “ehi, se fino ad oggi pensavi che alcune cose fossero fuori dalla tua portata, forse potresti scoprire che non tutte lo sono.” Difatti, se qualcosa è nei tuoi desideri e nelle tue corde e sei disposto/a ad impegnarti, sicuramente potrai fare dei grandissimi passi avanti! Non è detto che centrerai il bersaglio (e non è quella la cosa più importante), ma sicuramente scoprirai nuove cose su di te e qualcosa di buono ti porterà.

 

Cosa succede quando prendi questo concetto alla lettera

Quando credi a questa affermazione, il tuo focus è sul volere. Perciò se ti trovi a mancare uno dei tuoi obiettivi o propositi, ti viene detto – o dici a te stessa/o- che “non lo volevi abbastanza”. Ma quanto cacchio la dovresti volere una cosa?

Forse il problema non è quanto la vuoi, ma sta da tutt’altra parte, e concentrarti per volerla 10 volte di più non ti servirà a nulla.

Le persone vogliono quello che vogliono, tu e io comprese

Il punto è scegliere, decidere e impegnarsi. Non conosco nessuno che, impegnandosi, non abbia fatto dei progressi significativi in qualcosa.

Quindi se vuoi partecipare a Sanremo come cantante, cosa che oggi peraltro non dice nulla sulla tua bravura, non è detto che potrai farlo. Ma sicuramente impegnandoti e allenando le tue capacità canore, le migliorerai. That’s it!

 

 

2) Devi crederci

…è come quando diciamo a qualcuno “ti devi fidare”.



O credi, o non credi. O ti fidi, o non ti fidi.

Certo puoi cambiare idea sulle cose, puoi acquisire nuove informazioni, puoi vedere la situazione sotto altri punti di vista, puoi iniziare a credere qualcosa di diverso. Ma l’esortazione “devi crederci” quando non riesci a crederci, non farà altro che aumentare la tua frustrazione.

 

L’intenzione positiva 

Cosa c’è di vero, qual è l’intenzione positiva di questa frase?

Che se non credi possibile qualcosa per te, probabilmente non farai le azioni che ti portano a quel risultato. Che c’è una relazione tra ciò che credi e pensi, come ti senti, e come ti comporti. Che se non sei soddisfatto di come ti comporti o dei risultati che hai, sarà utile diventare consapevole di quelle che sono le tue convinzioni e credenze.

Ma l’esortazione “devi crederci” somiglia molto a “sii spontanea!” Forzarsi a credere non è credere, come forzarsi di essere spontanei non corrisponde a esserlo.

 

Cosa succede quando prendi questo concetto alla lettera

Succede che, anche qui, la tua attenzione e i tuoi sforzi saranno sul credere, come se mettendoti nella posa di Hulk e digrignando i denti tu potessi aumentare esponenzialmente il potere di credere nelle tue capacità o nel fatto che un evento si possa verificare.

Suggerirei piuttosto di accorgerti che sì, quello che crediamo o non crediamo vero o possibile influenza le nostre percezioni, le nostre scelte e quindi la nostra vita. E quindi sarà un lavoro importante accorgerti di quali siano le convinzioni che sostengono il tuo benessere e la buona riuscita dei tuoi progetti, e quali invece li ostacolano. E da lì si può iniziare a lavorarci. No, non con la posa di Hulk. 😉 

 

3) La zona di comfort

Per quanto riguarda la famigerata zona di comfort, devi sapere che qualsiasi impresa, dalla più piccola alla più grande, non è stata compiuta “fuori dalla zona di comfort” di chi l’ha portata avanti, ma “in comfort”. Il nostro cervello non vuole stare scomodo, vuole lavorare risparmiando energia, perciò il meta messaggio che ti dice che per combinare qualcosa devi necessariamente soffrire, non dice il vero. Infatti,  il nostro cervello cercherà sempre di evitarci quella sofferenza, facendoci così rimanere fermi ai blocchi di partenza o portandoci a qualche auto-sabotaggio lungo la strada.

 

L’intenzione positiva

L’intenzione buona è quella di farti capire che se la tua zona di comfort è il divano di casa tua, sarà difficile (anche se non impossibile) fare grandi cose da lì. 

Di vero c’è che se facciamo sempre le stesse cose, che ci sono comode, familiari, abituali, ci perdiamo un mondo di altre possibilità

Di vero c’è pure che una vita guidata solo dalla sicurezza e dall’evitamento di qualsiasi rischio, probabilmente è ben poca vita.

 

Cosa succede se prendi questo concetto alla lettera

Succede che la vita diventa una guerra, le imprese diventano battaglie, gli altri- ma soprattutto i tuoi attuali limiti, divengono dei nemici da annientare. Ma secondo te, se fai la guerra a delle parti di te, potrai mai vincere? No, perché una guerra implica danni e vittime, e se l’avversario è una parte di te, avrai comunque perso. Succede che te ne vai in giro come i “soldati fantasma giapponesi” che, anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, continuavano a stare rifugiati nella jungla armati fino ai denti, rifiutandosi di arrendersi. Succede che non ti godi il viaggio, ma soffri finché non arrivi all’obiettivo. E se non arrivi? Indovina.

 

Quindi

Quello che dobbiamo capire è che, per darci maggiori possibilità e se vogliamo aumentare le nostre probabilità di successo nel lungo periodo, la nostra zona di confort va allargata, arricchita, espansa, con rispetto, coraggio e amorevolezza. Non dobbiamo vivere fuori dalla zona di confort, ma piuttosto ampliarla per avere una vita più ricca e piena, se è questo che desideriamo.

Dobbiamo rendere familiare, facile, normale quello che non lo era, e non fare la guerra a noi stessi pensando di poter stare perennemente scomodi.

 

Per un triatleta quegli sforzi sono la sua zona di comfort. Non la tua, o la mia. Ma la sua sì.

Per un imprenditore seriale, intraprendere è la sua zona di comfort.

Per un fannullone incallito, la sua zona di comfort è il divano, o il bar.

 

Perciò avrebbe più senso dire:

“Scegli con cura la tua zona di comfort perché le tue azioni origineranno da lì”

E se è importante sapere che quando ti approcci a qualcosa di nuovo sentire un po’ di attrito farà parte del processo, è anche cruciale ricordare che andare contro la tua natura non ti renderà più efficace, e nemmeno più felice.

 

 

4) Devi avere più autostima

La definizione di autostima è “la distanza tra il sé percepito e quello ideale” ovvero tra come pensi di essere e come desideri essere. Io però credo che sia più corretto definirla come la distanza tra quello che pensi di essere e quello che pensi di dover essere.



“Dover essere”, non senti anche tu come puzza di fregatura?

Eppure basta guardare qualsiasi spot pubblicitario per capire che come sei non vai bene, e che dovresti sempre essere in qualche altro modo (normalmente grazie al loro prodotto!). Inadeguatezza vendesi. Anzi, regalasi!

Stimare significa misurare, il che già ci mette davanti all’assurdo compito di misurare il valore di un essere umano.

Quindi la mia auto-stima è la misura che faccio di me stessa/o in base a quello che penso che dovrei essere, rispetto a quello che sono. Si salvi chi può. 😉

L’intenzione positiva

Immagino che l’intento “sano” che si nasconde in questa esortazione voglia metterci in guardia dal dis-amore per noi stessi, che voglia suggerirci di non parlare male di e a noi stessi, di non svalutarci perché da quello che crediamo di noi dipende ogni nostra scelta nonché la nostra auto-efficacia. Immagino che voglia stimolarci ad alzare lo sguardo e raddrizzare le spalle, e a pensare bene di noi stesse/i.

Cosa succede se prendi questo concetto alla lettera

Molto probabilmente inizierai a darti da fare per ottenere riconoscimenti esterni, da cui poi trarre la considerazione che darai a te stessa/o. 

Ti impegnerai a  percorrere in tempo, e con successo, tutte le tappe ritenute fondamentali per un individuo nel tuo contesto, ti prodigherai nel raggiungimento di risultati straordinari (come il numero di follower sui social) e finalmente sentirai che ottieni perciò vali.

Ed ecco che la tua autostima, come il prezzo del gas, potrà schizzare alle stelle.

Poco importa se sarai stremata/o e ti sentirai distante da te stessa/o.

Inoltre, la stima che traiamo dai nostri risultati è per sua natura fragile ed effimera perché i risultati, a differenza dell’impegno, non sono sotto il nostro controllo.

Siamo fuori pista, e per rientrarci dobbiamo capire la vera origine di quella sensazione che ricerchiamo tanto e a cui diamo il nome di autostima.

La vera origina risiede nel vivere coerentemente con i propri valori senza infrangerli, nell’avere la stessa faccia in pubblico e in privato, nell’ impegnarsi per ciò in cui si crede.

 

Perciò

Se “vuoi avere più autostima”, non indebitarti per comprare una macchina più grande, non ammazzarti di lavoro trascurando te stesso e la tua vita per fare una carriera supersonica, non andare in palestra per ostentare un fisico statuario, non cercare di “pomparti” e autoconvincerti recitando affermazioni allo specchio battendoti il petto come un gorilla maschio alfa.

Piuttosto, inizia a conoscerti. Inizia a chiederti cosa ami e cosa ti rende felice. Inizia a chiederti in che cosa credi e cosa ha valore per te.

E poi inizia ad andare in quella direzione, con coraggio e con tutta l’amorevolezza di cui sei capace.

Accetta i tuoi attuali limiti, le tue paure, le volte in cui non ce la fai, le volte in cui non ti piaci un granché, gli errori che farai. Sostieniti, incoraggiati, stai dalla tua parte.

 

Piuttosto che “devi avere più autostima”, ti direi “impara ad accettare e apprezzare quello che sei, con la fiducia che ogni giorno potrai crescere ed imparare”.

 

E se vuoi impegnarti con te stessa, per accettarti e apprezzarti maggiormente, alleggerisciti delle pressioni interne e esterne. Posso aiutarti con il mio percorso trasformativo:

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L’Equilibrio vita – lavoro non esiste 

L’Equilibrio vita – lavoro non esiste 

La ricerca continua dell’equilibrio porta più stress che benefici.

Ti racconto gli esiti della mia ricerca sul work – life balance.

 

 

equilibrio vita lavoro

 

Da poco ho preparato un intervento per un evento formativo dedicato a imprenditrici e imprenditori incentrato sull’Equilibrio vita-lavoro. Ho fatto perciò delle profonde riflessioni sul tema del Work-life balance, ho letto diversi articoli e guardato svariati speech in cerca di ispirazione, chiedendomi che tipo di contributo volevo dare a questi professionisti, per aiutarli a creare una miglior qualità della vita e del lavoro. Quindi sono arrivata alla mia conclusione.

 

L’equilibrio vita-lavoro non esiste, e ora ti spiego perché

 

Che immagine abbiamo quando pensiamo a una vita in cui questo fatidico equilibrio è raggiunto? Forse immaginiamo una serie di giornate ideali, ben organizzate e con ritmi sostenibili, con le nostre 24 ore equamente suddivise in 8 ore di lavoro, 8 di famiglia e svago e 8 di sonno.

Nelle 8 ore dedicate ai nostri cari e allo svago immaginiamo una sorta di famiglia del mulino bianco, dove ci si sveglia cinguettando, si fa colazione insieme immersi tra sorrisi e sguardi amorevoli, si svolazza felici verso scuola o lavoro. Pilates nella pausa, caffè con le amiche (o birra con gli amici) e una serata idilliaca prima di chiudere gli occhi e dormire profondamente, per svegliarsi rinfrancati e carichi all’alba del nuovo giorno.

 

Chi ha una vita così?

 

Io non conosco nessuno. Ma soprattutto siamo sicure che la suddetta vita sarebbe garanzia di benessere e felicità?

 

Il confine tra vita privata e professionale

Un altro dei motivi per cui credo che inseguire questo “equilibrio” sia una missione impossibile è perché è sempre più difficile distinguere il lavoro dalla vita personale. Prendersi cura dei genitori anziani, occuparsi di un figlio adolescente, andare dal commercialista, accudire bambini piccoli, pagare l’IMU e fare la fila alla Posta, appartengono alla sfera della vita o a quella del lavoro?

E se penso allo smart working mi sembra che le cose siano ancora peggiorate. L’ho citato con il nome che è ormai diventato di uso comune, anche se faremmo meglio a chiamarlo remote working: è semplicemente lavorare da casa e di smart non ha nulla.
Rispondi a una call mentre metti su una lavatrice, controlli le mail mentre segui i figli con i compiti, passi da un’attività all’altra in un infruttuoso multitasking e in una totale commistione di ruoli.

 

E noi pretendiamo di trovare l’equilibrio in tutto questo. Nah.

 Aspirare a un miglior benessere nella nostra vita, però, è sacrosanto.

Ti do una buona notizia: questo è anche possibile. Ecco i miei 4 punti sul tema:

 

1) non ricercare l’equilibrio, ma l’appagamento

 “Stanchi, ma felici”, impegnati su più fronti ma con un senso di scopo: non è forse questo che vorremmo provare alla fine della giornata?

Se ci togliamo l’idea che tutto debba essere bilanciato e in equilibrio, secondo me ci siamo già tolti una bella fonte di stress. L’equilibrio dovrebbe essere il mezzo per un fine, e quel fine è proprio, secondo me, l’appagamento

E non sarà probabilmente un’ora di palestra in più a farci sentire appagati, ma piuttosto renderci conto, e prenderci cura, delle 4 dimensioni principali che caratterizzano il nostro essere umani: abbiamo un corpo, una mente, delle emozioni, e probabilmente un’anima (per quanto mi riguarda non ho dubbi in tal senso).

Per sentirci appagati dovremmo imparare a nutrire e prenderci cura del nostro benessere fisico, mentale, emozionale e spirituale. 

Di questo ho già parlato in altre sedi: me ne occupo in tutti i miei percorsi di coaching e non andrò in dettaglio qui.  Ma puoi semplicemente iniziare a porti questa domanda, e trovare le tue risposte:
cosa posso fare, o smettere di fare, per aumentare il mio benessere in ognuna di queste 4 aree?

A volte la risposta sarà semplicemente “togliere”, alleggerire, dire di no a qualcosa. A volte cambiare strada. Altre, fare piccoli cambiamenti, oppure grandi.

La tua strada verso un maggior appagamento può iniziare proprio ora.

 

2) non è una ricetta universale, ma personale; non è fissa, ma dinamica

Il tipo di appagamento di quando sei studente non è certo lo stesso di quando metti su famiglia, o di quando ti accorgi che il lavoro che stai facendo non ti coinvolge né ti soddisfa più come all’inizio.
È una cosa ovvia, eppure sembriamo dimenticarcene quando finiamo appunto “fuori equilibrio”. Vorremmo che le cose restassero così come le abbiamo impostate.

 

Invece è una domanda da ripetersi spesso, una sorta di tagliando da fare regolarmente. 

 

Spesso avremo la sensazione che “la coperta sia troppo corta”. Beh, ti dò una notizia: lo è! La nostra società corre veloce (verso dove non si sa, ma questo è un altro argomento 😉 ), le informazioni e la tecnologia viaggiano alla velocità della luce e solo per rimanere fermo/a dove sei, ti sarai accorto/a che devi remare sempre più veloce. Sì, a volte può essere estenuante.

Ma se sai che la coperta è troppo corta, ti regolerai di conseguenza: a volte lascerai fuori i piedi, e quando si saranno raffreddati un po’ troppo li coprirai, e lascerai fuori le spalle. 

Se partiamo ben sapendo che le nostre to-do-list saranno sempre troppo lunghe per essere azzerate, possiamo iniziare a trarre soddisfazione dal fatto che stiamo vivendo tenendo in considerazione i nostri valori e i nostri veri bisogni (e non mi riferisco solo a quelli primari). Non punteremo l’attenzione sull’aver “fatto tutto” ma sul fatto che ci sentiremo progredire.

 

Il mondo là fuori ci mette l’asticella sempre più alta, ma a volte non serve saltarla, se non è nel nostro miglior interesse: possiamo mettere su un po’ di musica e passarci sotto, come nel limbo.

In pratica: decidi tu a cosa dare il tuo tempo, la tua attenzione, le tue energie e il tuo investimento emotivo, in ogni momento. Come fare? vai al prossimo punto. 

 

3) la visione di te a 80 anni guida le tue azioni quotidiane

Da un po’ di tempo c’è una novità nella mia vita: ho un nipotino di 5 mesi (di cui sono follemente innamorata). È chiaro che il patchwork della mia vita mi ha richiesto una revisione, perché per me dedicare del tempo a mia figlia e al piccolino è assolutamente una priorità.

 

Sono una nonna relativamente giovane, ancora molto attiva e con una vita personale ricca di attività che amo portare avanti, perciò se voglio esserci nella loro vita, ho bisogno di riprogettare le cose, cambiare qualche abitudine, essere creativa, rompere qualche schema, reinventarmi.

 

Se immagino il mio 80esimo compleanno circondata dall’amore e dalla presenza delle persone che amo, ho da dedicare amore e presenza oggi, a mia volta.

Inoltre, se mi immagino autosufficiente, lucida e in forma, ho da far in modo che la mia settimana preveda momenti di movimento, allenamento, approvvigionamento di cibi quantomeno “decenti”  e qualche attività buona per la mente.

 

Quindi la mia visione guida le mie decisioni quotidiane.

In fondo essere disciplinati significa proprio applicare, nella nostra quotidianità e a piccole dosi, una visione più ampia che ci sta a cuore (e te lo dice la regina delle indisciplinate ribelli). È fattibile, e fonte certa e costante di micro dosi di appagamento.

 

E tu, hai mai pensato a come vorrai festeggiare il tuo 80esimo compleanno, e a come immagini di essere?

 

Certo, il nostro impegno in quella direzione non è garanzia di successo al 100%. Ma se lasci che sia il caso – o gli altri – a decidere, possiamo essere quasi certe/i che il risultato sarà ben distante.

 

 

 

4) fermati, fatti domande e ascolta le risposte che vengono da dentro 

Non puoi sentire le risposte se non ti fermi a farti domande e ad ascoltare ciò che emerge dal tuo interno. Uno dei mali dei nostri tempi è che tentiamo di risolvere tutto con la razionalità, con le informazioni, con gli esperti, i dati e le statistiche. Ma tutto questo ci parla del passato, raccoglie numeri ed esperienze di quel che è stato fino a questo momento. Invece affrontare il presente e il futuro necessita di “dati” che ancora non esistono: ecco perché serve affinare la propria capacità di ascoltare le sensazioni, i bisogni profondi, l’intuizione, i desideri del cuore.

 

Chiediti: 

“Sto vivendo la vita che voglio, o quella che ci si aspetta da me?” 

“Cosa voglio io davvero?”

A volte sarà importante farti aiutare, soprattutto nel farti domande buone e sempre nuove, ma le risposte saranno sempre e solo le tue.

Se crei lo spazio, il tempo e l’apertura, le risposte non tarderanno ad arrivare.


Ha senso cercare l’equilibrio?

Le nostre vite somigliano all’attività di un giocoliere, ed è impossibile pensare di poter tenere le palline per aria in perenne movimento. Ricercare l’appagamento, in modo personale e dinamico, significa sapere perfettamente che spesso una di quelle palline cadrà a terra, ma sapere anche quale lasciar cadere, perché non farà un grande danno, e quale tenere assolutamente in movimento, perché non possiamo permetterci di farla cadere.

Una volta sarà la tua relazione a chiedere un’extra dose della tua attenzione, una volta un’amicizia in crisi, un’altra volta il tuo corpo che ti avrà necessità di una maggior amorevolezza, oppure ci sarà una prospettiva di carriera che ti chiederà un supplemento di tempo ed energia.

 

Ma se conosci i tuoi valori, se hai una visione – anche se non dettagliata – della tua vita a lunga scadenza, se hai chiarezza su ciò che conta per te e quindi hai una direzione (nota che non ho parlato di obbiettivi!), se ciò che fai, pur essendo faticoso a volte, ti dà un senso di scopo, credo che alla fine delle tue giornate e delle tue settimane “non equilibrate” potrai sentire che ne è valso l’impegno. 

 

Insomma, sentirai quel senso di appagamento che tutti noi cerchiamo.

E questo, a parer mio, vale più della chimera dell’equilibrio.

Cosa possiamo imparare da questo anno difficile?

Cosa possiamo imparare da questo anno difficile?

Un anno, questo, che ci ha messo tutti alla prova, e non ha finto di sfidarci, nemmeno per le feste.

Stiamo per trascorrere un Natale sotto tono, che per molti sarà lontano dai propri cari, o sarà accompagnato dalla preoccupazione che incontrarsi e scambiarsi affetto e abbracci possa mettere a rischio la salute di chi amiamo.

Ho appena saputo che probabilmente non festeggerò con mio padre e la sua famiglia, perché in una riunione familiare non si sentirebbero del tutto sereni. Lo comprendo, ma il dispiacere comunque è grande, perché la Vigilia di Natale, da sempre, è stata insieme.

Ma questa è solo la ciliegina sulla torta, su una torta che ognuno di noi avrebbe fatto volentieri a meno di mangiare.

Nei mesi passati abbiamo infatti vissuto ogni tipo di emozione: disorientamento, paura, rabbia, ci siamo sentiti costretti e privati della nostra libertà, confusi dalle informazioni discordanti, sopraffatti dalle disposizioni e dai provvedimenti, impotenti davanti a chiusure e distanziamenti, indignati per i danni economici, addolorati per non poter dare un degno saluto a chi ci lasciava, preoccupati per i nostri anziani e per il futuro nostro e dei nostri figli.

Siamo stati messi alla prova, e lo siamo tuttora.

Ma… c’è un ma.

Quest’anno ha portato anche dei doni. Ben nascosti, ma ci sono stati 😉

Mi piacerebbe quindi che ci focalizzassimo insieme su quello che di buono questo anno ci ha lasciato, vorrei facessimo questo esercizio di stanare il bene anche dove, ad uno sguardo superficiale, sarebbe difficile vederlo.

Pronta? Pronto?

È STATO UN ANNO ESSENZIALE


Una delle cose di cui mi sono resa conto è che non abbiamo bisogno di molte cose, soprattutto in termini di capi d’abbigliamento, ma anche di oggetti in generale. Io ero già piuttosto “essenziale”, e sono stata bene anche con meno.

Certo, in questo periodo è più facile perché le occasioni sociali sono decisamente ridotte, ma potrebbe essere il “La” per continuare ad essere più attenti alla sostanza che alla forma, più padroni delle nostre scelte e meno proni ai bisogni indotti dai paragoni e dalla pubblicità.

UN ANNO DI COSE SEMPLICI


Ho imparato a dare un valore ancora più grande a cose semplici come una passeggiata all’aria aperta, una cena con una coppia di amici, una videochiamata mentre preparo la cena.

Nella mia vita non avrei mai pensato, infatti, che potesse mancarci una libertà così basilare come quella di uscire di casa, passeggiare, incontrarsi. Ogni volta che diamo qualcosa per “scontata” forse non la stiamo davvero apprezzando per quanto vale.

UN ANNO DI DOMANDE


Ho osservato che molte delle cose che facevamo “prima” non erano così importanti ai fini del nostro benessere (anche se non vedo l’ora di poter fare un viaggio in qualche luogo dove la Natura è selvaggia).

Questo periodo ci ha permesso forse di farci quelle domande importanti, quelle che non si ha mai tempo per porsi e che possono portarci a fare scelte diverse rispetto alle abitudini e ai comportamenti che chissà quando avevamo adottato: un’ottima opportunità per ridefinire chi siamo, cosa ci fa stare bene, cosa vogliamo, e cosa non vogliamo più.

UN ANNO DI ALLEANZE


Ho avuto più occasioni di “alleanze” con amiche e colleghe, più desiderio di unione e di creare cose insieme.

Forse perché i momenti difficili accomunano. Ma in realtà credo che questo “fare meno”, questo essere meno affaccendate, ci ha dato più modo di ascoltare la nostra voce interiore, i nostri desideri e le nostre intuizioni.

UN ANNO DI SEMPLICI ATTIMI


Ho imparato ad apprezzare un caffè bevuto per strada in un bicchierino di carta. Una cena semplice fatta in casa con le amiche.Ho dato maggior presenza e attenzione a ogni momento passato con le persone a me care.

Forse eravamo un po’ “viziati” (io un po’ lo sono. Sicuramente per quanto riguarda il caffè 😉 ).Ma questo periodo di privazioni, forse il primo della vita per molti di noi, ci ha offerto la possibilità di spostare il focus, di diventare delle campionesse e dei campioni dell’apprezzamento, di vivere il momento presente senza correre avanti in quel che verrà dopo e senza fare paragoni con il passato, e senza confrontare con un ideale che, per lo meno ora, non era attuabile.

UN ANNO DI CONSAPEVOLEZZA


Ho visto e compreso ad un livello più profondo quanto sia importante sospendere il giudizio verso chi ha paure o idee diverse dalle proprie, e quanto sia cruciale esprimere il proprio pensiero senza creare ulteriore divisione. 

Questo non è sempre facile lo ammetto, sebbene la direzione sia chiara. Ma quello che abbiamo visto – e che qui non voglio ripetere- è stata la creazione di due fazioni, il reciproco screditamento della parte opposta a colpi di epiteti ed etichette arbitrarie, la mancanza totale di ascolto di ciò che l’altro sostiene, delle sue parole, ma soprattutto delle sue preoccupazioni, delle sue paure. Opporsi rinforza questo meccanismo, e io ho compreso che non voglio partecipare, non voglio seminare dualità e discordia, neanche ad un livello energetico, perché questa divisione non ci fa gioco, fa solo gioco a un sistema che ha le sue ragioni di esistere, ma che non sono le nostre. Come ci ricorda l’antica saggezza dei nativi americani: “Nessun albero ha rami così stupidi da litigare tra loro.”

UN ANNO DI RITOCCHI MAGICI


Ho imparato ad aggiungere un doppio pizzico di magia al quotidiano, quando rischiava di diventare troppo prevedibile. 

Non ho mai amato la parola “accontentarsi”, perché mi rimanda l’idea di rinuncia, di rassegnarsi a situazioni e cose che non ci appagano o non fanno per noi, quasi non avessimo diritto a desiderare altro. Amo però l’idea di “farci contenti” come apprezzamento e “impreziosimento” di ciò che c’è, di quello che abbiamo, di quello che è possibile. Sì quindi alla creatività che ci sospinge nel dar vita a nuove modalità e situazioni, nonostante i limiti del momento.

E quindi?

Sappiamo tutti quante cose ci sono mancate e ancora ci mancano, e siamo tutti concordi nell’auspicarci di riacquisire la nostra spensieratezza e soprattutto una maggiore libertà. 

Ma da ogni situazione possiamo uscire più forti e capaci se riusciamo a focalizzarci sul “pieno”, prima che sul “vuoto”.

Accorgersi, essere consapevoli, apprezzare, sono passaggi importanti a questo scopo.

Ti invito a fare lo stesso, prima a livello generale, e poi a livello personale.

Registrare i tuoi successi personali, le soddisfazioni, l’impegno, è un passaggio cruciale per chiudere bene l’anno in corso ed affacciarsi con lucidità, fiducia ed un pizzico di magia all’anno nuovo. È questo infatti il primo passo di ogni processo di pianificazione, o meglio creazione, dell’anno che verrà.

Perciò prenditi il tempo per apprezzare, per diventare consapevole di ciò che è nascosto, per “registrare” a livello profondo i tuoi successi (non necessariamente in termini di esito, ma anche in termini di impegno, attenzione, cura che hai messo in ciò che hai fatto).

Non ci è mai dato di sapere come saranno le cose là fuori.

Ma in ogni momento abbiamo l’estrema libertà di scegliere come vogliamo sentirci, e di rispondere agli eventi come veri “capitani della nostra nave”.

E con questa scorta di beni nella stiva, sapremo certamente navigare bene anche se ci sarà qualche tempesta.

Sei riuscita a fare la tua lista delle cose positive dell’anno? 

Raccontami quello che hai scoperto nei commenti qui sotto, oppure mandami un messaggio su Instagram se non sei riuscita a trovare “niente”, sarei felice di aiutarti!

Un abbraccio,
Gina

A settembre si torna a scuola di pratiche della felicità!

A settembre si torna a scuola di pratiche della felicità!

Come ogni scuola che si rispetti, anche le pratiche della felicità riapre le sue porte – virtuali – a settembre. A partire dal 22 settembre parte una nuova classe online fatta di persone che vogliono allenarsi ad essere felici. 

Ma facciamo un piccolo passo indietro. Perché ti parlo di pratiche della felicità?


Dopo diversi decenni dedicati alla crescita personale, dapprima come “studente”, e poi come coach, mi sono resa conto che tutto ciò che cerchiamo di ottenere attraverso le nostre scelte, è in realtà un punto di partenza, e questo è proprio la felicità.

Ovvero, facciamo ciò che facciamo perché pensiamo che ci renderà felici: ma come sarebbe se lo fossimo già in partenza?

Non ti parlo di sorrisi a 36 denti

Nè di saltellare sul posto o ostentare un finto entusiasmo quando in realtà provi tristezza, preoccupazione o rabbia. 

La felicità è uno stato di “alta efficienza” che puoi allenare e che puoi provare a prescindere dalle circostanze in cui ti trovi. Questo non solo ti consente di affrontare in modo più efficace e fluido tutte le situazioni che la vita ti mette davanti, ma ti ti rende soprattutto più capace di creare le circostanze, relazioni, risultati che desideri.

Ma come è possibile?

Forse non lo sai, ma il nostro cervello è progettato per porre maggior attenzione a ciò che è anomalo, a ciò che va male, a ciò che è potenzialmente pericoloso e lo fa per ovvie (ed antiche) ragioni legate alla nostra sopravvivenza. Perciò se non scegliamo di indirizzarlo diversamente, tenderà a farci notare, pensare e immaginare soprattutto le cose che temiamo o a cui ci opponiamo – creando in noi le emozioni corrispondenti a quei pensieri. 

La situazione cambia con un po’ di allenamento

Per questo è fondamentale allenarsi a sviluppare quel solido stato di benessere che ti permette di produrre pensieri, emozioni e comportamenti più funzionali , che riduce lo stress e le sue conseguenze, che ti restituisce la creatività, l’empatia, il Problem soling e la capacità di immaginare e creare che è propria degli esseri umani quando “funzionano” al loro meglio. 

Insomma, basta guardare un bambino per renderci conto che quel benessere è nostro per diritto di nascita, e che chi è felice è instancabile, è capace di attenzione focalizzata, è determinato, è naturalmente capace di intessere relazioni sane, è in grado di apprezzare di più  e…sì, è anche più bello!

Ma come posso essere felice, a partire da oggi?

Puoi saltare a bordo del mio prossimo corso online Le pratiche della felicità,  un percorso in diretta e di gruppo. A partire dal 22 settembre 2020 partirà la nuova edizione e un nuovo gruppo di persone (solitamente donne, ma chissà 😉  motivate si cimenteranno ad allenarsi per rendere forte e stabile il loro substrato di felicità. Se vogliamo fare un parallelo con il corpo e l’esercizio fisico, è come allenare il “core” – che non è il cuore in romanesco 😉 ma è la parte centrale del nostro corpo, la muscolatura profonda, che ci rende stabili e che è fondamentale allenare per affrontare al meglio qualsiasi performance fisica. 

Il corso è della durata di 4 mesi e prevede:

  • colloquio individuale direttamente con me, per identificare quali sono gli aspetti su cui vuoi lavorare (compila il questionario).
  • un percorso di 4 mesi in gruppo (partenza 22 settembre 2020)
  • 2 incontri live al mese via zoom – ogni live verrà registrata e resterà disponibile fino alla fine del percorso
  • un gruppo Facebook riservato agli iscritti per domande, sfide e condivisioni
  • una meditazione guidata da poter riascoltare quando vuoi
  • tutti i file degli strumenti e delle tecniche che imparerai

Che aspetti? Sali a bordo e allenati insieme a me per rinforzare il “core” della tua felicità.

Prenota qui la tua iscrizione al corso Le pratiche della felicità

Ti abbraccio, 

Gina

Attenta a ciò che desideri, potrebbe realizzarsi

Attenta a ciò che desideri, potrebbe realizzarsi

Quello che desideri si avvera. Molti lo sottovalutano ancora, ma il potere della mente è quasi sempre infallibile. Qui ti racconto di un recente episodio in cui ho avuto l’ennesima riconferma…

Mentre scrivo mi trovo a casa mia a Trieste, con un ginocchio offeso ed un “colpo della strega” che mi costringe a stare ferma e tranquilla.

Oh, Gina, ma cosa ci azzecca, questo, con i desideri?

Sono rientrata da poco, in anticipo rispetto ai miei piani, da una vacanza al mare, bellissima ma per niente riposante e tra due giorni è prevista la partenza per la montagna. All’idea di avere così poco tempo tra una vacanza e l’altra e avendo ancora diverse cose di lavoro in piedi e progetti da chiudere, mi sono trovata più volte a pensare “vorrei tanto avere un paio di giorni-cuscinetto”. Sentivo infatti l’assoluta necessità di stare qualche giorno a casa, niente sole, riposare, stare nella mia energia, finire le cose di lavoro, fare le lavatrici e preparare le valige con calma.

Questo era il mio desiderio

E cos’è successo stamattina? Ho preso lo scooter per andare in centro e, uscendo dal garage, sono scivolata in modo inspiegabile ammaccandomi il ginocchio. E poi, nel tentativo di sollevare da terra lo scooter, che pesa molto più di quanto pensassi, mi si è bloccata la schiena con il famoso “colpo della strega”.

Et voilà: eccomi a casa, a riposo, che scrivo l’articolo con calma, dopo aver fatto 4 lavatrici, declinato tutti gli impegni per questi 3 giorni e riposato quanto mi serviva.

Il mio desiderio ha trovato il suo modo per realizzarsi. Certo avrei potuto essere più esplicita nella mia richiesta riguardo alle modalità 😉

Perché ti parlo di desideri

Ti parlo spesso di desideri, perché credo siano il linguaggio che la nostra parte più profonda e più vera usa per indicarci la strada da prendere per diventare ogni giorno un po’ più “grandi” di come eravamo ieri.

Nel mio caso, mi aspetto meraviglie da questi miei giorni “bloccata”, perché sono certa che hanno un intento ben più grande del farmi soltanto riposare.

I desideri ti aiutano ad uscire dai territori conosciuti, ti aiutano a conoscere te stessa e a scoprire cose di te che ancora non sai.

Eppure, dopo anni di ammaestramenti e indottrinamenti, non è facile riuscire a sentire quella voce, non è facile trovare un desiderio che sia veramente tuo, che non sia indotto da risultati di altri, da cose che hai visto fare, da limiti che credi di avere, da qualcosa che hai visto in un film, da quello che qualche esperto del tuo settore ti dice che dovresti fare.

Non è facile nella vita personale.

Dovrei desiderare un figlio?
Sta arrivando il momento di sposarmi?
Dovrei desiderare di proseguire con gli studi?

Non è facile nemmeno nel lavoro e nel business

Prima andavano i video per promuoversi.
Poi i podcast.
Ora Tik-Tok.
Si fa così, non si fa così.
Forse dovresti restare nell’azienda di famiglia.
Dovresti fare l’avvocato e non la ballerina.

E così ti trovi a seguire strade tracciate per te da altri.

E anche quando credi di essere tu a decidere nella migliore delle ipotesi stai solo “scegliendo”, e non desiderando.

Scegliere significa prendere qualcosa dal menù.

Desiderare significa immaginare cose che nessuno ha messo su quel menù. Cose che ti fanno sorridere da dentro, quando ci pensi.

“Per i desideri servono parole, tante parole”, ci ricorda Igor Sibaldi (vi consiglio vivamente di seguire la sua Scuola dei desideri su YouTube). Più ampio è il nostro vocabolario attivo, ovvero le parole cha abitualmente usiamo, e più ampio e ricco sarò il nostro mondo e i nostri orizzonti.

Ma l’autore dei tuoi desideri non sei tu. Non provengono da te. Provengono al tuo IO più grande, quello che ancora non sei, il tuo IO futuro. È per questo che sono così interessanti. Perché ti mostrano come fare a raggiungere quel tuo io futuro e più grande.

I desideri tu fanno uscire dai tuoi binari predefiniti, ti fanno uscire da quegli episodi che hai interpretato come tuoi reali limiti o sconfitte passate. Ti liberano dall’idea che hai di te stessa, di cosa credi impossibile o fuori portata.

In una cultura di “prima il dovere, poi (forse) il piacere”, i tuoi desideri ti permettono di crescere proprio grazie a quel piacere , grazie a un atto di immaginazione dettato da quello che sarai tu in futuro, e non da quello di te che già conosci bene.

Il desiderio ti fa alzare lo sguardo, ti fa guardare il cielo e le stelle, le “sidera” appunto.

Non a caso nelle notti di Agosto ci concediamo di puntare il nostro naso all’insù nell’attesa di vedere una stella cadente a cui affidare, in gran segreto, un nostro desiderio.

Ma non abbiamo un solo desiderio a disposizione. e non abbiamo solo la notte di San Lorenzo o il mese di agosto per connetterci con quella parte di noi più grande che si da il permesso di sognare qualcosa che ora non c’è.

Non ti serve una stella cadente per esprimere un desiderio: i desideri non hanno date, non hanno confini, non hanno scadenze.

Il tuo desiderio ti porta al di là di quello che sai di te.

Cosa aspetti a desiderare?

Hai bisogno di aiuto? Chiamami! Trovi i miei contatti qui, ti offro una consulenza gratuita per aiutarti a individuare i tuoi desideri e a scoprire quale percorso di Coaching intraprendere!

Un abbraccio,

Gina!