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I tre livelli del cambiamento nella vita

I tre livelli del cambiamento nella vita

Cambiare deliberatamente è possibile: come passare dal cambiamento di una situazione al cambiamento di sé.

Cambiamento nella vita - foglie di vari colori

Prima dell’articolo “I tre livelli del cambiamento nella vita”, leggi qui⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

Cerchi il cambiamento nella vita ma…

 

Ti sei trovata a far fuori le provviste di una settimana in una sola sera, quando ti eri ripromessa di amare il tuo corpo e prenderti cura di lui.

 

Vuoi uscire da quella relazione che non ti nutre più, in cui devi negare una parte viva di te… eppure ti senti trattenuta, pensi che non ce la farai da sola, che “nessuno ti vorrà”, e immagini il resto della tua vita triste e in solitudine. Così resti lì.

 

Ti sei ritrovata a fumare e bere alcolici tutta la sera, fino a sentirti da schifo, nonostante tu sappia quanto questo sia deleterio per la tua salute e la tua energia.

 

Hai passato un altro weekend sul divano a fare binge watching su Netflix, mangiando schifezze e addormentandoti tardissimo, nonostante avessi stabilito che ti saresti occupata di quelle faccende sospese.

O forse, hai vissuto qualcuna di queste situazioni

 

Continui a rimandare le cose scomode, lasci accumulare tasse, multe, conti… eppure sai che questo aggrava la situazione e pure il tuo stato d’animo.

 

Hai di nuovo litigato con il tuo partner (collega/amica/ tua mamma, ecc) nonostante ti fossi ripromessa di non reagire e non farti prendere dalla rabbia e dall’emotività.

 

Sai di avere dei talenti e capacità che non stai esprimendo, sai che vorresti lanciarti in quel progetto che significherebbe tanto per te. Eppure continui a dar retta alla vocina che dice che non sei abbastanza competente, non hai memoria, è un’idea bislacca, non sai parlare in pubblico, a nessuno interesserà, e tutto sommato stai bene così. Ma sai che non è vero.

 

Vorresti muoverti di più, acquisire nuove competenze, metterti in proprio, fare una vita più sana, scrivere un libro, candidarti alle elezioni, aprire un’associazione, viaggiare da sola. Ma il tempo passa e non l’hai ancora fatto.

 

Vedi il cambiamento nella vita come un’utopia

 

Ti sei detta “Da domani si cambia”, te lo sei detto milioni di volte, ci hai creduto milioni di volte… E ora, delusione dopo delusione, credi che sia tutto inutile, non ti fidi più di te e stai per rinunciare a te stessa.  

Ti rivedi in questo schema? 

 

Certo, ognuno di noi può riconoscersi in almeno una di queste circostanze.

A ognuno succede di volere qualcosa, desiderare un cambiamento nella vita e non riuscire a metterlo in pratica. Ti dò una notizia: non sei “una brutta persona”, non c’è “qualcosa che non va in te”, non è che “sei fatta così e con te non c’è speranza.” È che cambiare intenzionalmente non è sempre facile.

 

Nella malsana abitudine di paragonarci agli altri, potremmo pensare che le altre persone non vivano questa difficoltà. Potrebbe sembrarci che alcuni siano dotati di una forza di volontà tale da far loro realizzare tutti gli obiettivi. Ma se vedessimo il quadro nella sua totalità scopriremo che anche quelle persone hanno, probabilmente, qualche difficoltà nell’ottenere o mantenere qualcosa.

 

“Volere”non è necessariamente “potere”: magari delle parti di te ritengono che ciò che vuoi possa essere pericoloso, difficile o causare sofferenza, e quindi intervengono per proteggerti.

 

Allinearsi per il cambiamento

Il cambiamento è l’unica costante della vita, ma cambiare deliberatamente e creare la vita che desideriamo, come abbiamo visto, non è sempre facile.

 

Cambiare nella direzione della nostra espansione, dell’espressione dei talenti che abbiamo avuto in dotazione e che abbiamo sviluppato, nella direzione della “scultura di sé stessi” fino a prendere la forma che è “nascosta nel pezzo di marmo” sembra, a volte, un percorso irto di ostacoli, deviazioni e battute d’arresto.

Come mai cambiare è così difficile?

Avrai spesso sentito parlare della metafora dell’iceberg, dove la parte visibile, che corrisponde all’incirca al 20% della massa totale di quell’enorme montagna ghiacciata, corrisponde alla nostra mente cosciente, alla nostra forza di volontà, alla visione di ciò che desideriamo.

 

La parte sommersa, circa all’80% della massa, corrisponde a tutto ciò che abbiamo incamerato e di cui non siamo consapevoli, tutte le ragioni e i programmi che si attivano automaticamente per proteggerci, le nostre convinzioni più profonde, i nostri valori, la percezione, le memorie: insomma, un vero e proprio mondo sommerso.

Senza l’aiuto di quel mondo sommerso, senza la sua partnership, è davvero difficile andare dove desideriamo. 

 

Se il vento spinge la parte emersa dell’iceberg in avanti, ma la corrente marina sospinge la massa sommersa all’indietro, dove pensi che si sposterà la montagna?

Esatto, all’indietro.


I tuoi progetti non partono? Ecco perché.

 

Ed ecco perché alcuni tuoi progetti non partono mai, alcune cose le inizi e poi le molli, alcuni risultati li ottieni e poi li perdi.

 

Se ci pensi, per la maggior parte delle cose noi siamo già capaci di ottenere/creare/raggiungere i risultati che ci prefiggiamo. Questo significa che per quegli obiettivi, il nostro iceberg è già allineato, la parte sommersa non ha ragioni e intenzioni opposte a quella emersa, e così ecco che possiamo procedere con tutta la forza dei nostri motori.

 

Ma quando così non è, non c’è forza di volontà o motivatore esterno che tenga: l’unica strada per un cambiamento duraturo è mettere d’accordo le due parti dell’iceberg.

 

Cambiare deliberatamente è possibile

 

Per farlo esistono una miriade di strumenti e percorsi. Il cambiamento nella vita è un viaggio personale e ognuno deve trovare le proprie strade ed esperienze e l’aiuto professionale di cui può avere bisogno.

 

Tra questi, il Coaching trasformativo e il mentoring possono aiutare e, per la mia esperienza, possiamo lavorare su tre macro livelli.

 

I tre livelli del cambiamento

 

Andiamo ad esplorare i livelli di cambiamento che andremo ad affrontare, segui ogni tappa e interiorizzala. Continua a leggere per saperne di più.

 

Il primo livello 

 

Il primo livello è: mi trovo qui, al punto A e voglio andare lì, al punto B. Si lavora su un obiettivo specifico.

Allora mi serviranno informazioni, competenze, risorse, potrò lavorare su un’emozione invalidante che mi si mette di traverso nel momento di agire, ecc. Creerò un bel piano d’azione, metterò a punto delle strategie e, passo dopo passo, mi muoverò in quella direzione.

 

Questo è un cambiamento di tipo lineare. Ero al punto A, e ora sono al punto B.

 

Il secondo livello

Il secondo livello è dove si lavora su un’intera area della propria vita.

Per esempio se nelle relazioni interpersonali faccio schifo, ecco che potrò mettere in atto tutte le strategie del livello uno:

  • acquisire competenze ed allenarle, 
  • lavorare sulle emozioni invalidanti che si impossessano di me quando devo affrontare una discussione, 
  • allenare le emozioni più funzionali, e così via. 

Infine, potrò lavorare sulla creazione di abitudini e rituali, su cambi di percezione rispetto al “problema” che possano espandere la mia superficie di movimento per quanto riguarda quell’area della mia vita.

 

Se volessimo dare una forma a questo secondo tipo di cambiamento, potremmo dire che è un cambiamento di tipo concentrico, su un unico piano, un po’ come una spirale che si allarga. Prima stavo in un’area piccola così, e potevo fare poche cose, ora quell’area è molto più estesa, e lo sono pure le mie possibilità di scelta.

 

Il terzo livello

 

E infine c’è un terzo livello che, come potrai immaginare, è quello che ha un impatto maggiore su qualsiasi cosa: è quello della trasformazione.

Qui si tratta di riscrivere i programmi che ci limitano, che si sono formati nostro malgrado o che potremmo aver ereditato, e che continuano a tenerci lontani dai risultati che vogliamo e da quell’esperienza di vita piena autentica e felice che desideriamo avere.

 
Il lavoro su di te

 

Attraverso cambi di percezione, si lavora sull’identità (la percezione di te). 

Attraverso l’individuazione e la trasformazione di convinzioni che limitano le tue scelte, i tuoi risultati e la tua esperienza di vita, attraverso il lavoro ad emisferi congiunti, attraverso l’armonizzazione del potente asse cervello del cuore – cervello del cranio, possiamo operare un cambiamento che contiene ed espande i precedenti ed aggiunge una dimensione verticale. Eccoci quindi al lavoro sul sé, la scultura di se stessi, la realizzazione di ciò che abbiamo dentro, liberato dalle costrizioni delle nostre paure e dal dolore delle esperienze passate


La fase finale della trasformazione

È dove prendiamo la forma che abbiamo sempre sentito di avere, con coraggio e con gioia e, probabilmente, in armonia ed accordo con il progetto della nostra anima.

 

Se volessimo dargli una forma, è un movimento che partendo da un punto, si muove a spirale e verso l’alto, ampliandosi ed innalzandosi all’infinito.

 

È la trasformazione, il cambiamento evolutivo, quello in cui merita davvero investire tempo ed energia. Ed è il tipo di cambiamento che auspico ad ognuno di noi.

Livelli cambiamento - farfalla e bruco

Qual è la tua esperienza quando si tratta di cambiamento? Se vuoi apportare l’evoluzione nella tua vita non esitare a contattarmi. Creeremo il tuo percorso trasformativo, per ridare luce alle tue  caratteristiche e alla tua unicità.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

E se la noia fosse un bene?

E se la noia fosse un bene?

I vantaggi della noia sono più di quanto tu pensi. Tuffiamoci insieme nel mare del dolce far niente. 

I vantaggi della noia sono più di quanto tu pen

Prima dell’articolo “La noia è un male”, leggi qui ⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

76

2617

145

5427

225

10

 

No, non sto dando i numeri. Lo sai a cosa corrispondono queste cifre?

 

76:  le volte in cui, mediamente, prendiamo il telefono in mano ogni giorno

2617: i “tocchi” sullo schermo dello stesso, di un utilizzatore medio, al giorno

145: i minuti che trascorriamo, mediamente al giorno, per compiere quei tocchi

5427: i “tocchi” giornalieri di un utilizzatore frenetico

225: i minuti passati per compiere quei tocchi

10: le ore passate mediamente al giorno davanti a uno schermo negli USA

 

Bene, a questo punto mi pare che i numeri li stiamo dando tutti quanti.

 

La noia come risorsa
 

Non mi voglio focalizzare sui danni che questo uso smodato della tecnologia ci provoca, come danni alla vista, alla produttività, alla nostra capacità di concentrarci, alle nostre relazioni – solo per menzionarne alcuni, ma quello che appare evidente è che in questa circostanza ci stiamo perdendo una risorsa potenzialmente preziosissima: la noia.

 

Cosa succede al nostro cervello quando ci annoiamo e cosa potrebbe succedere se sopprimessimo per sempre questa emozione?

 

Scopriamolo insieme.

 

Fino a qualche tempo fa andavo quasi fiera del fatto che “io non mi annoio mai”, perché questa parola aveva per me solo un’accezione negativa. (Non sono forse solo le persone noiose ad annoiarsi? non era forse l’ozio il padre di tutti i vizi?). 

A un certo punto, però, mi sono imbattuta in alcuni studi che spiegavano quanto questa visione fosse un equivoco e tessevano le doti della noia. Questa emozione, nonostante noi la giudichiamo talmente negativa e spiacevole da allontanarcene in ogni modo possibile, è stata un ingrediente fondamentale della nostra evoluzione in questi 2,5 milioni di anni sulla terra.

 

 

Innanzitutto, chiariamoci su cosa sia la noia e di quali siano i suoi potenziali doni, e chissà se alla fine dell’articolo anche tu avrai un po’ cambiato idea su di lei.

 

 

Ti presento… la noia

 

Sicuramente ti sarà capitato di provarla.

La noia non è ciò che provi quando non hai niente da fare, ma quando niente delle cose che hai da fare, o che potresti fare, ti attrae. È caratterizzata da assenza di concentrazione, irrequietezza ma anche un senso di letargia: in pratica è quando ci sentiamo “sotto-occupati”.

 

È una sensazione che giudichiamo spiacevole, perciò oggi con tutte le app, i social e le notizie a disposizione nel nostro smartphone, in ogni pausa, al semaforo, camminando per strada, in attesa della cena al ristorante, ma anche sul divano e a tavola con la famiglia o quando nostro figlio ci parla – è fin troppo facile intrattenersi pur di evitarla.

 

Cosa ci perdiamo?

Quando ci annoiamo, per esempio piegando la biancheria o aspettando il nostro turno dal dentista, il nostro cervello attiva quella che si chiama modalità di default (default mode network).

Il nostro corpo innesta il pilota automatico ma, controintuitivamente, il nostro cervello diventa particolarmente attivo. Quando la mente non è impegnata in un’attività… impegnativa 😉 inizia a vagare. Ecco che si attivano connessioni diverse, si attiva una modalità di pensiero che è sotto il livello cosciente, e possono arrivarci idee, soluzioni creative a un problema che ci infastidiva da tempo, o può scattare il desiderio di un qualcosa che vogliamo creare o raggiungere nella nostra vita.

 

In quella modalità, facciamo quella che gli studiosi hanno definito “pianificazione autobiografica” (autobiographical planning), ovvero riflettiamo su momenti passati e immaginiamo nuovi possibili traguardi e come potremmo arrivarci.

 

Insomma, è una condizione particolarmente fertile, se ce la concediamo.

 

La noia è allo stesso tempo un segnale e una spinta motivazionale. Il segnale ci dice che non stiamo facendo quello che vorremmo fare e la spinta motivazionale ci suggerisce di darci degli obiettivi e progettare cose nuove.

 

E non solo la noia ci spinge a fare qualcosa per noi stessi, ma ci rende più altruisti e ci fa venire voglia di fare qualcosa per gli altri, come per esempio fare del volontariato o offrirsi per donare sangue.

 

Pianificare al minuto? No, grazie.

Se, però, riempiamo ogni momento di attività, se sfruttiamo ogni attimo per aggiornare i social, verificare se abbiamo notifiche, rispondere alle email, scaricare un documento, ci perdiamo questa possibilità. E non è tutto. Attraverso questo zompettare da un’attività all’altra, sottoponiamo il nostro cervello a uno sforzo di attenzione continuo e a un consumo smodato di energia.

 

Inoltre spesso “ci perdiamo l’attimo”, non ci accorgiamo delle persone che abbiamo accanto, delle bellezze della natura, di quello che succede a pochi metri da noi, come testimonia benissimo questa foto scattata dal fotografo Eric Smith nelle acque della California, in cui una balena passa a fianco della barca a vela ma lo skipper non si accorge di nulla, perché totalmente immerso nel suo mondo virtuale.

Il potere salvifico della noia

La noia, nelle sue evoluzioni


Nel 2008 la nostra attenzione al lavoro shiftava ogni 3 minuti. Nel 2018 ogni 45 secondi. Ora ho fin paura di sapere a quale ping-pong attentivo sottoponiamo il nostro povero cervello.

 

Ma tornare indietro, lo sappiamo, non è un’opzione. Cosa possiamo fare, quindi?

 

Nella mia ricerca, ho trovato due fonti di ispirazione per tentare di recuperare la nostra brillante creatività e la nostra salute mentale (e non solo): il primo è attraverso un uso ponderato dei potenti strumenti tecnologici di cui disponiamo – (ed è il tema di questo articolo).

 

Il secondo è attraverso una rinaturalizzazione della vita, un ritorno almeno parziale a una vita più naturale e meno comoda che ci permetta di recuperare alcune importanti caratteristiche appartenute per milioni di anni alla vita dei nostri antenati, e necessarie più che mai per migliorare la qualità della nostra “unica vita, selvaggia e preziosa”, per dirlo con le parole di Mary Olivier.

 

E di questo ti parlerò prossimamente. ⏭️

 

 

Annoiati e geniali: L’arte perduta di creare spazio  

 

La giornalista Manoush Zomorodi nel 2015 ha messo a punto il progetto Bored and brilliant (annoiati e brillanti, per l’appunto) per aiutare le persone a diventare più consapevoli del loro rapporto con il proprio cellulare e con l’iperconnettività.

 

Il progetto invitava i partecipanti a compiere diverse sfide, quali stare un’intera giornata con il telefono fuori dalla propria portata, andare nelle impostazioni e togliere tutte le notifiche, cancellare la o le app che l’utente giudicava più “ladre di tempo”.

 

È sempre più difficile vincere questa battaglia, perché da una parte ci siamo noi che non siamo più abituati al disagio del “vuoto” e che sfruttiamo ogni attimo per fare qualcosa pur di non rimanere soli con i nostri pensieri.

Dall’altra ci sono fior fiore di ingegneri ed esperti che studiano giorno e notte come attirare la nostra attenzione più spesso e più a lungo possibile, perché la nostra attenzione vale un sacco di quattrini.

 

Nonostante le difficoltà, i partecipanti hanno giocato con slancio e determinazione e, dopo aver superato qualche vera e propria “crisi di astinenza”, hanno superato le sfide riportando una maggiore energia, chiarezza e… felicità: avevano recuperato un bel po’ di tempo ma soprattutto si sentivano di nuovo alla guida della propria vita e non costantemente in reazione alle richieste provenienti dal proprio smartphone.

 

La cosa curiosa è che i più giovani, quelli nati e cresciuti con la tecnologia, hanno riferito di aver provato emozioni (non proprio piacevoli) mai provate prima! Insomma, non si erano mai annoiati prima di allora, perché al minimo segnale di “vuoto”, avevano sempre risposto prendendo il cellulare in mano.

 

 

 La noia… quanti ricordi!

Se ci pensi, chi non ha mai vissuto senza internet, e di conseguenza senza Netflix, Youtube, Facebook, Twitter, Whatsapp, Snapchat e tutte le notizie che la rete ci propin… ahem, propone, non sa quello che si provava da bambini nei pomeriggi d’estate quando non si vedeva l’ora di tornare in giardino a giocare ma bisognava rispettare “l’ora del riposo” altrimenti poi il “capo casa” chi lo sentiva…

O quello che si provava al mare, nell’interminabile attesa di poter tornare a fare il bagno dopo aver pranzato, le fatidiche due ore più lunghe della vita anche dopo aver mangiato solo un panino.

O quello che provavi nei pomeriggi d’inverno, quando non potevi uscire e non c’era niente alla tv (ma non niente di bello, proprio niente di niente, oltre che le righe colorate verticali su gli unici tre canali esistenti) 

 

Noia, era noia.

Ma in quella noia dovevi ingegnarti, muoverti, inventare, pensare, farti domande, escogitare scappatoie, immaginare, esplorare, creare.



La noia può curare la tua creatività

La noia è generatrice di progresso

 

L’essere umano si è evoluto attraverso prolungati periodi di noia e questo ci ha costretti a pensare nuovi modi di vedere il mondo: da lì il prosperare dell’arte, della filosofia, della letteratura, delle invenzioni, della scienza!

 

La creatività oggi è più necessaria che mai e sarà l’abilità numero uno che verrà richiesta al lavoro alle nuove generazioni per affrontare il futuro. Di questo passo però il rischio è che venga uccisa, o per lo meno tramortita pericolosamente, attraverso l’abuso dell’intrattenimento tecnologico e l’assenza della noia.

 

 

Vogliamo provare a cambiare le cose?

 

È solo una proposta, un esperimento da fare con curiosità, se ti va.

 

➡️ La prossima volta che, senza nemmeno pensarci, ti ritrovi con il telefono in mano, prova a chiederti: “Cosa sto cercando veramente?”

E se devi rispondere a una mail urgente, fallo e non pensarci più.

 

Ma se invece ti accorgi che stai cercando di intrattenerti, di distrarti per evitare di sentire qualsiasi leggero disagio – come solitudine, stress che vuoi alleviare, FOMO (fear of missing out: la paura di perderti qualcosa) o… noia – rimetti in tasca il telefono.

 

Respira, guarda il cielo, osserva i tuoi polpastrelli.

 

    • Se anche solo una piccola parte di quei 2617 tocchi destinati allo schermo ogni giorno li destinassi per fare una carezza a qualcuno che ami, o a toccare la corteccia ruvida di un albero, o a toccare i petali di un fiore, o se facessi una carezza a te stessa/o, come cambierebbe la tua vita?

       

    • E se la prossima volta che ti ritrovi a camminare per strada ti imponessi di guardarti intorno e sorridere, anziché mandare audio e rispondere a Whatsapp?

    • E se almeno un’ora prima di andare a letto tu spegnessi tutto e ti ingegnassi a fare qualcosa di diverso, cosa potrebbe emergere da una parte inascoltata di te? 

    • E se, quando senti quella noia e quell’irrequietezza, cercassi di capire dove ti vogliono portare, piuttosto che annegarle in un mare di distrazione?  

Io ho deciso di accettare la sfida, e tu?

Fammelo sapere nei commenti.



Ascolta te stessa: se senti il bisogno di fermarti, lasciare che la noia ti attraversi, per ritrovare la tua creatività, non esitare a contattarmi. Creeremo il tuo percorso trasformativo, per ridare luce alle tue  caratteristiche e alla tua unicità.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

L’ordine nel caos

L’ordine nel caos

Le lezioni sul caos dal viaggio in Marocco.

L'ordine nel caos a Marrakech

Prima dell’articolo “L’ordine nel caos”, leggi qui ⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

Viaggiare per ritrovarsi o per perdersi nel caos?

 

Viaggiamo per i più disparati motivi: per vedere luoghi e paesaggi diversi da quelli a cui siamo abituati, sentir parlare lingue diverse, conoscere culture e usanze differenti, fare una pausa dai ritmi frenetici della vita e immergerci in natura. O ancora, fare un tuffo nel caos di una metropoli, visitare luoghi che appartengono alla storia e all’arte, per conoscere e respirare la bellezza.

 

Il viaggio è soprattutto un modo per conoscere aspetti inconsueti di noi stessi, vedere chi siamo e come siamo se ci collochiamo in spazi e ritmi diversi, come affrontiamo il nuovo, come viviamo le sfide e le opportunità. Un modo per testare la propria flessibilità e capacità di adattarsi a ciò a cui non siamo avvezzi. 

 

Per me il viaggio è soprattutto questo, e il viaggio in Marocco da cui sono appena tornata è stata la meta perfetta per testare tutti questi aspetti. 

 

È stato un viaggio intenso, aspro, sensoriale come lo sono quelle terre; avventuroso al punto giusto e all’insegna del lasciarsi fluire (sebbene ci sia stato un minimo di programmazione).

 

Gli ingredienti del mio viaggio:

 

  • 4 amiche
  • 12 giorni
  • 1 solo bagaglio a mano
  • 1 auto a noleggio
  • 6 mete da raggiungere

I doni del Marocco

Non ti racconterò gli aspetti “turistici” del viaggio, non ti descriverò i luoghi né ti consiglierò dove andare a mangiare, perché non è questo lo scopo del mio post. Voglio piuttosto condividere con te quali sono state le intuizioni e comprensioni che il Marocco ha suscitato in me e i “doni” che mi sono portata a casa (e non intendo l’olio d’argan e il sapone nero, comunque degni di nota 😏).

 

L’ordine abita nel caos

 

Marrakech è una città incredibile. Avventurarsi per le vie della medina (la vecchia cittadina fortificata, ora vera e propria “città mercato” traboccante di bancarelle e piccoli fori adibiti a negozi) è un vero e proprio bagno di folla. Turisti e “locals” si accalcano ovunque, motorini, spesso semi distrutti, si aggirano sfiorando i vicoli con 2, 3 o 4 persone a bordo (spesso trasportando ceste enormi o altri oggetti ingombranti). Calessi trainati da asini, muli e cavalli malconci si alternano a carretti tirati a mano da vecchietti ossuti e consumati dal sole. A volte passa perfino qualche macchina e qualche camioncino, con il rischio di incastrarsi alla prima strettoia. 

I decibel sono decisamente superiori alla media e la distanza prossemica è solo un lontano ricordo.

 

Caos tra le vie di Marrakech

 

I negozietti traboccano di ogni tipo di merce: spezie odorose e super colorate, cibi non sempre profumati, pellame, profumi e prodotti di bellezza, abiti, peluche, oggetti d’artigianato, gioielli e manufatti di ogni sorta. Oggetti stipati ovunque attirano lo sguardo del passante che, se si sofferma per più di qualche secondo o guardare, viene prontamente adescato dal venditore di turno e ingaggiato in una trattativa all’ultimo dirham (la moneta locale).

 

Il caos aumenta

 

Uscendo dalla medina per avventurarsi nelle strade di quella che è una delle città più trafficate dell’Africa, ci si imbatte in un caos ancora maggiore. Sembra che le regole del traffico che abbiamo imparato a rispettare lì non vengano prese minimamente in considerazione e in ogni momento si ha la percezione di venir presa di mira dal prossimo mezzo di trasporto.

 

Ed è lì che ho scoperto la verità

 

Ma ecco il fatto che mi ha colpita tantissimo: in questo caos delirante, in questa apparente assenza di regole, in realtà c’è un ordine. Certo, non è l’ordine a cui siamo abituati, ma è un ordine in cui sembra proprio che ognuno sappia esattamente qual è il suo posto e il suo ruolo. È come una danza e, se ti permetti di dimenticare quello che sai e di immergerti in quello che c’è, diventi fruitore e artefice di questa danza. Sembra un delirio, eppure tutto funziona “alla perfezione”.

 

 

Se non puoi controllare, rilassati

 

Un’altra cosa che ho osservato è questa. Se cammino per le strade di Trieste o di un’altra città europea e vengo rifilata da un motorino, sicuramente reagisco in modo anche poco diplomatico, perché sento che la mia incolumità è messa a repentaglio dalla “prepotenza” di qualcuno. Stessa cosa se, quando guido, un automobilista manca di darmi la precedenza nonostante mi abbia vista arrivare e cose del genere. Giustamente, dirai tu (e anch’io). 

 

Lasciati cullare dal caos

 

Ma quando nessuno fa quello che ti aspetti – e allo stesso tempo realizzi che nessuno è uscito di casa alla mattina con la precisa intenzione di farti fuori – puoi solo “mollare” e fluire. Non puoi controllare, non puoi inveire contro tutto e tutti, non puoi insegnare loro le “giuste regole”… e allora è come se dicessi al tuo sistema nervoso:

“Ehi amica, rilassati. Amigdala (la nostra “sentinella”) prenditi una vacanza. Le nostre reazioni automatiche di sempre qui non valgono, perciò dobbiamo trovare un’altra modalità.”

E così scopri che quella modalità reattiva non è l’unica possibile. Che se “avere ragione non serve a niente” – come dico sempre – lì serve meno di niente. Scopri che se non ne fai una questione di principio e capisci che la regola è “se manco di darti la precedenza, rallenta e vedrai che passiamo tutti e due senza problemi”, è una regola che puoi fare tua.

 

Porta a casa ciò che ti sarà utile

 

Mi sono ripromessa di mantenere questo atteggiamento meno reattivo (alla guida, ma non solo) anche una volta rientrata a casa e per ricordarmelo, tutte le volte che vorrei mandare qualcuno a quel paese per come sta guidando, dico: “MMMMMarrakech!!!” e mi faccio una risata.

 

  • Come sarebbe se adottassimo questo atteggiamento di “non controllo” e fiducia anche in altri aspetti della vita?
  • Quanta della nostra energia potremmo risparmiare e quanto benessere in più potremmo avere, se smettessimo di combattere contro le circostanze che non possiamo cambiare e scegliessimo di fluire con loro?

  

La vita è qualcosa di semplice

 

Ricordo esattamente il momento in cui mi è arrivata questa comprensione. Ero a Taghazout, un villaggio affacciato sull’Oceano Atlantico nei pressi di Agadir, e stavo camminando sulla spiaggia al tramonto.

Anche lì c’era un pizzico di “follia africana”: sulla sabbia giacevano reclinate delle barche di legno, con vicino un trattore enorme (il giorno dopo avrei scoperto che serviva a trasportare le barche in mare, e riportarle in cima alla spiaggia a fine pesca), giovani surfavano tra le onde, dromedari e cavalli venivano condotti in su e in giù per invogliare i pochissimi turisti a fare una cavalcata sul bagnasciuga. C’erano gatti e gattini magrissimi sdraiati al sole, donne coperte dalla testa ai piedi che facevano il bagno, ragazzi che giocavano a palla e tantissimi cani liberi, piuttosto grandi. I cani ferali ti si avvicinavano quasi a darti il benvenuto, a volte ti si sdraiavano vicino per un po’, e poi riprendevano il loro libero girovagare, vicino agli umani, ma non “degli umani”. Anche qui una sorta di caos ordinato, molto diverso da Marrakech, dove la parola d’ordine era “semplicità”.

 
Ordini, ruoli e semplicità

 

Ognuno aveva un suo posto, un suo ruolo, e lo rispettava. Non perché fosse necessariamente “facile”, ma perché era naturale, era qualcosa di semplice.

Lì le persone sono molto più povere di noi, eppure se c’è il sole e la natura intorno, sai che non morirai mai di fame: lo sanno gli uomini, i gatti, i cani ferali, ed è qualcosa che si percepisce, lo respiri ovunque. 

Magari ogni tanto è necessario spostarsi, e lì lo fanno tutti: camminano, anche per giorni in mezzo al nulla, per trovare condizioni migliori, per trovare altro cibo, per pascolare le pecore o per raggiungere la famiglia in un altro villaggio. La vita è molto meno comoda, ma è molto più piena di vita.

 

Una vita semplice e ancestrale

Questo assomiglia molto a come abbiamo vissuto per millenni, ce l’abbiamo scritto nel DNA e quando lo vediamo lo riconosciamo.

E ci ricordiamo… la vita è una cosa semplice, è così che dovrebbe essere..

Sembra che tutto ti dica: se c’è la vita, il sole, il mare, la frutta… siamo ricchi, siamo già ricchi

La vita è una cosa semplice.

Siamo noi che la rendiamo complicata con tutte le nostre sovrastrutture, mentali e non solo.

Non è “colpa nostra”, è il contesto in cui siamo inseriti che ci condiziona e ci plasma.

 

Ma possiamo ricordare.

E io, con questo viaggio bellissimo, certamente l’ho fatto.

Gina e un cammello a Marrakech
Caos a Marrakech
L'ordine nel caos a Marrakech
Gina nel caos del suk di Marrakech

Ascolta te stessa: se senti il bisogno di liberare la tua energia e lasciarti contaminare dal caos, per ritrovare il tuo ordine, non esitare a contattarmi. Creeremo il tuo percorso trasformativo, per ridare luce alle tue  caratteristiche e alla tua unicità.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Donna selvaggia, abbraccia la tua natura

Donna selvaggia, abbraccia la tua natura

La donna selvaggia, la donna “naturale” giace, più o meno sopita, dentro di noi, in attesa di essere risvegliata.

donna selvaggia, abbraccia la tua natura

Prima dell’articolo “Donna selvaggia, abbraccia la tua natura”, leggi qui ⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

L’archetipo della donna selvaggia
 

Come sarebbe se ogni giorno fossimo in contatto con una parte di noi piena di energia e creatività, di capacità di adattamento e resistenza agli urti, una parte vitale, ispirata e ispiratrice, saggia e sintonizzata con la natura?

 

Queste sono solo alcune delle caratteristiche femminili ancestrali, a cui possiamo attingere se sappiamo fare ritorno all’archetipo della donna selvaggia, la donna “naturale” che giace, più o meno sopita, dentro di noi, in attesa di essere risvegliata.

  

Che fare per risvegliare il femminile selvaggio e soprattutto, perché mai dovremmo?

A vivere disconnesse dalla forza ancestrale della donna selvaggia, ne risente il nostro corpo, la nostra salute, la capacità di auto guarigione – oltre che la capacità di orientarci nelle scelte della nostra vita.

Ne risentono le nostre emozioni e  anche la psiche: dipendenze, depressioni e perdita di senso sono purtroppo all’ordine del giorno nella nostra società.

Riconnettersi al nostro femminile selvaggio ci permette di sintonizzarsi con una forza naturale che spesso non sappiamo nemmeno di avere. 

Innanzitutto, impariamo a riconoscerla

Ma quali sono le caratteristiche della “donna selvaggia” e come siamo invece quando siamo disconnesse da quella straordinaria fonte di energia, vitalità e potere personale?

 

C’è qualcosa di magico in una donna quando è nel suo potere. In lei c’è passione, ha fiducia in se stessa, è giocosa, creativa, sensibile, intuitiva, compassionevole. In lei traspare una primitiva bellezza, indipendentemente dall’età o dalle sue caratteristiche fisiche.

 

Quando una donna riconosce e incorpora il suo potere è fiera e piena di grazia, sa quando essere instancabile e determinata e quando invece lasciar andare, rallentare e prendersi cura di sé. È in contatto con la sua saggezza e si fida della sua intuizione.

 

Se la lasciamo andare, si spegne la nostra energia

Al contrario, quando una donna ha perso il contatto con il suo potere naturale, quello della “donna selvaggia”, è insicura, dubita di se stessa, ha difficoltà a mettere confini e farli rispettare, e cade facilmente in comportamenti manipolativi, passivo-aggressivi o si sforza di compiacere gli altri per ottenere ciò di cui ha bisogno e che non riesce a richiedere in modo assertivo. 

 

Può cercare approvazione “fuori” quando l’unica approvazione di cui ha bisogno è la propria.

Può essere sprovveduta, timida o diventare aggressiva, come se avesse difficoltà a dosare quel fuoco che è parte della sua natura.

È giudicante, verso se stessa e verso gli altri, con cui si paragona costantemente, uscendone a volte vittoriosa e a volte sconfitta- ma sono due facce della stessa medaglia.

 

È come se la luce dentro di lei si fosse smorzata, o spenta e lei cercasse disperatamente nuovi modi per riattivarla. Ma le cose materiali, o le altre persone, non possono farlo per lei.

 

È come se ci fosse un vuoto, un’emorragia energetica che tenta di riempire con cibo, relazioni, dipendenze- anche socialmente accettate e apprezzate come superlavoro, esserci sempre per tutti – tranne che per sè- raggiungere obiettivi che le portano lustro e onore. Ma quel vuoto resta lì.

 

Giudica se stessa, le sue idee, il suo operato, il suo corpo, il suo look, le sue emozioni, le sue paure. E, per questo, sente di non potersi mostrare integralmente, e nasconde parti di sé. Che fatica!

 

La riconnessione con la donna selvaggia

 

Per ritrovarsi, lei dovrà riconnettersi alla terra, alla natura, di cui è sempre stata custode e protettrice, e che è sempre lì, pronta a nutrirla e far scorrere nuovamente linfa vitale nelle sue vene.

E dovrà cercare dentro di sé ciò che le manca: il contatto con se stessa e con il suo spirito.

 

Ridiventare selvaggia non significa andare in giro con i capelli grigi e in disordine come una strega e le unghie sporche di terra (a meno che non ti piaccia così! 😉 ): significa entrare più in contatto con la propria natura, con il corpo,  il cuore, l’anima e ricordare, infine, il tuo sé autentico.

 

Per poterlo fare, serve

  • iniziare ad accettare ogni parte di sé (l’ho scritto anche in questo post), 
  • avere delle pratiche per ritrovare il proprio centro, il proprio radicamento, 
  • e riconoscere, fra tutte, il suono della propria voce.

Ora ti suggerirò due pratiche che ti aiuteranno proprio in questo.

 

La prima via: mettere in luce ciò che non ami di te e imparare ad amarlo

 

Iniziare ad amare noi stesse in tutta la nostra interezza e “traslocare dalla testa al corpo” sono le due vie che sinergicamente ti riporteranno a rivivere l’energia e la potenza della tua donna selvaggia.

Parlati in modo autentico e sincero

Per ritrovare la tua voce, la tua intuizione, la tua guida interiore, è necessario che tu sappia riconoscere la tua verità. Questo significa non nascondere a te stessa le tue emozioni e i tuoi sentimenti. Una volta riconosciuti e integrati, inizierai a essere integra e autentica anche con gli altri e nelle varie situazioni della tua vita.

 

Ecco alcune domande che ti aiuteranno in questo processo:

di cosa mi vergogno?

cosa sto negando?

per cosa mi sento in colpa?

cosa non funziona per me?

cosa non vorrei mai che gli altri sapessero/vedessero di me?

 

Rispondi per iscritto a queste domande, fanne un’abitudine per un po’ di tempo e semplicemente riconosci quello che emerge. Non giudicare, non voler “aggiustare”, modificare o cambiare.

 

Tenere nascoste quelle verità ti costa un sacco di energie, perciò riconoscile a te stessa, permetti loro di salire in superficie e di fluire, perdendo così la loro intensità e il loro potere.

 

 

La seconda via: riconnetterti alla tua donna selvaggia

 

La seconda via è trovare, o ritrovare, delle attività che ci permettano di sentirci vive, sentire il corpo così tanto da non riuscire a sentire più il brusio dei pensieri.

 

Le domande  da farti qui sono molto semplici:

cosa mi fa sentire viva?

cosa mi fa sentire autenticamente bene?

quando mi sento veramente io?

 

A volte le risposte potranno indicarti attività relativamente semplici da fare, come danzare, abbracciare gli alberi, fare passeggiate in natura o fare un giro in bici o in canoa.

 

Altre volte potranno metterti davanti al fatto che hai lasciato indietro una parte di te, che forse desiderava o amava viaggiare da sola, o fare rafting sui fiumi, o fare lunghe passeggiate a cavallo o scendere nelle viscere della terra e visitare le grotte.

 

Allora ti chiederai come riavvicinarti, con garbo e tutte le protezioni che senti necessarie, a quelle attività o imprese.

 

Io ho avuto diversi richiami in questo senso, tanto che nel momento in cui scrivo sto per partire per il Marocco in un viaggio on-the-road con alcune amiche (e al mio ritorno non mancherò di raccontarti!)

 

Queste sono solo due delle tante pratiche che ti possono aiutare a riconnetterti alla tua donna selvaggia, integra, libera e nel suo potere.

 

Se vuoi lavorare su questi temi puoi contattarmi.

Resta in contatto con te stessa

Come sempre conoscere se stessi è la base sulla quale costruire una vita più felice e in linea con sé, che si tratti di relazioni, scelte professionali, la creazione di una nuova impresa o trovare un hobby in cui incanalare la nostra passione e i nostri talenti.

 

Ascolta te stessa: se senti il bisogno di tornare a liberare la tua energia, tornando alla tua natura di donna selvaggia non esitare a contattarmi. Creeremo il tuo percorso trasformativo, per ridare luce alle tue  caratteristiche e alla tua unicità.

Gina Abate non devi sentirti bene per forza

Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

Parlo di questo e di altri temi di crescita ed efficacia personale nella mia Newsletter mensile.

Sei una Persona Altamente Sensibile?

Sei una Persona Altamente Sensibile?

Scopriamo insieme ciò che contraddistingue una Persona Altamente Sensibile. Ti riconosci?

Persona Altamente Sensibile: sei una di noi?

Prima dell’articolo “Sei una Persona Altamente Sensibile?”, leggi qui⤵️

Disclaimer: in ciò che scrivo e nel mio lavoro mi rivolgo prevalentemente alle donne, ma non solo. Scrivo al femminile perché, per ora, non mi piace riempire il testo di asterischi o simboli vari e sono certa che gli uomini capiranno. D’altronde fino ad oggi abbiamo letto sempre tutto al maschile senza prendercela, perciò siamo sicure che anche voi potete fare lo stesso.😉

Ti hanno mai detto:
 

Sei sempre la solita esagerata

Mamma mia che suscettibile!

Non dovresti prendere sempre tutto così sul serio…

Ma perché piangi adesso?

Non so se ti sia capitato lo stesso. Da sempre mi sono sentita dire cose del genere, soprattutto da piccola, e da sempre mi sono resa conto che le mie percezioni e reazioni non erano come quelle della maggior parte delle persone.

 

Quindi ho sempre saputo di essere una “persona altamente sensibile”.

 

Quello che invece non sapevo, è che questa non è una semplice caratteristica né tantomeno un difetto, ma un tratto della personalità ereditario (come gli occhi neri o azzurri e tutto il resto). Oltre a questo, ho appreso che, a partire dagli anni 90, le persone “portatrici” di questo tratto della personalità sono state oggetto di studi e ricerche. 

 

E sono emerse delle cose molto interessanti.

Forse anche tu sei una PAS, Persona Altamente Sensibile, (dall’inglese HSP, High Sensitive Person, detta anche persona ad alto funzionamento) e non sai di esserlo. E magari anche tu hai pensato mille volte di essere sbagliata, non adatta, difettosa.

E se non sei tu ad essere una PAS, sicuramente hai un amico, familiare, collega che lo è: conoscere le caratteristiche e il funzionamento di una Persona Altamente Sensibile ti potrà aiutare a capirti e capirla meglio.

 

Persona Altamente Sensibile, una scoperta relativamente recente

 

La definizione esatta di questo tratto è Sensibilità di elaborazione sensoriale (Sensory Processing Sensitivity). La prima a compiere degli studi su questo è stata la dott.ssa Elaine Aron, ricercatrice in psicologia, docente universitaria, psicoterapeuta e scrittrice, che aveva soprattutto bisogno di comprendere sé stessa e il suo funzionamento. Gli studi, effettuati con il marito neurologo, risalgono ai primi anni 90 e la divulgazione delle ricerche ad un pubblico più ampio è avvenuta a partire dal 2012.

 

Anche alla dott.ssa Aron era capitato molte volte che colleghi ed amici la definissero “troppo sensibile”, complicata, diversa, così le era nata la curiosità e necessità di capire cosa ci fosse dietro a quella complessità di percezione, quel mondo emotivo così multisfaccettato ed intenso, quell’empatia e intuito così sviluppati, e quella difficoltà a gestire i troppi stimoli, le cattive notizie o le critiche.

 

 

In cosa consiste la Sensibilità di elaborazione sensoriale e perché sarebbe importante conoscerla?

 

Circa 1 persona su 5 è una Persona Altamente Sensibile. E quasi sicuramente non sa di esserlo.

Di conseguenza, non sa come trattare se stessa per non rimanere vittima degli svantaggi di questo tratto della personalità, né sa come metterne a frutto i vantaggi.

 

Credi di essere una PAS?

Con leggerezza e curiosità, leggi le seguenti domande e vedi se ti riconosci più di qualche volta:

 

  1. Intuisci lo stato d’animo degli altri e spesso ne vieni influenzata/o?
  2. Cogli i minimi dettagli e ti accorgi dei più piccoli cambiamenti?
  3. Soffri molto dinanzi alle ingiustizie o ai problemi ambientali?
  4. Una battuta su di te ti ferisce?
  5. Ti è impossibile prendere in giro qualcuno, anche se per scherzo?
  6. Sei molto sensibile al dolore fisico ed emotivo, anche quello degli altri?
  7. Ti è insopportabile la vista di scene di violenza o crude alla tv, anche se “finte”?
  8. Rimugini molto spesso su tutto?
  9. Hai un contatto profondo e quasi salvifico con la natura?
  10. Ami stare vicino all’acqua o trovartici dentro?
  11. Quando hai fame diventi intrattabile?

 

Se ti riconosci in qualcuno di questi aspetti, potresti essere una Persona Altamente Sensibile 😊 

Questa condizione porta con sè degli svantaggi facilmente intuibili. In questo nostro mondo avere un eccesso di empatia, di sensibilità ai rumori o al “brutto”, una tendenza a pensare molto e soppesare tutto, essere in contatto costante con le emozioni proprie e quelle altrui, può rendere la vita decisamente difficile.

Non sei la sola

 

Ma se Madre Natura si è presa la briga di diffondere queste caratteristiche a circa 1/5 della sua popolazione, evidentemente ha ritenuto che queste portassero con sè qualche vantaggio per la collettività.

 

E infatti è così.

 

Questa caratteristica è presente anche in molte specie animali in natura e gli individui che la portano, sono in grado di memorizzare meglio degli altri le esperienze negative – quindi potenzialmente pericolose per il gruppo – e le opportunità. Lo fanno a loro spese, ma i vantaggi vanno a beneficio della collettività. Quindi questi individui sono particolarmente utili.

 

 

E negli umani? Vantaggi  e svantaggi dell’alta sensibilità

 

L’acronimo DOES può aiutarti a riconoscere e iniziare a comprendere l’alta sensibilità, in te stessa in primis, ma anche negli altri.

 

  •     D come depth, profondità di elaborazione. Sei una specie di detective: osservi, noti e registri tutto, intuisci ma anche rifletti molto. Questo ti permette di accorgerti di cose che gli altri non notano per niente e di intuire i potenziali pericoli o le opportunità. 

 

  •     O come over-stimulation, sovrastimolazione. Questo superlavoro di osservazione e analisi può risultare molto stancante per il sistema nervoso. Perciò, se non impari dall’esperienza, tenderai ad affaticarti in molte situazioni che per gli altri risultano “normali” e piacevoli, potresti sentirti a disagio e tendere ad isolarti.

 

  •     E come emphasis e empathy, enfasi emotiva ed empatia . Sei costantemente in contatto con le tue emozioni e quelle delle persone intorno a te, sentendole con grande intensità e saresti portata/o anche a reagire come fossero tue. Questo ti da un vantaggio nel comprendere gli altri ma spesso ti rende molto vulnerabile, come fossi “senza pelle”.

 

  •     S come subtleties, dettagli. Indica la tendenza a notare i più piccoli particolari dell’ambiente esterno (odori, luci, suoni, cambiamenti) ma anche quelli interni – propri e altrui (vissuti, esperienze passate, sentimenti). Questa micro-percezione regala un vantaggio individuale e per la collettività, perché produce risposte intelligenti e adattative, ma allo stesso tempo è alla base della sovra stimolazione che rende affaticati, schivi o “eccessivamente reattivi“.

 

Non sei difettosa

 

Il vantaggio di sapere (finalmente!) di essere una PAS credo sia soprattutto questo.

 

Se per anni anche tu ti sei giudicata male perché ti senti “senza pelle” davanti a soprusi e ingiustizie 

 

se hai pensato mille volte di avere qualcosa che non va perché senti su di te tutta la sofferenza del mondo, da una formica schiacciata per sbaglio, alle guerre, ai terremoti

se ti sei sentita sbagliata e troppo sensibile perchè una discussione con qualcuno ti “resta addosso” per giorni

 

se hai pensato di avere qualcosa che non va perchè agli aperitivi o alle cene numerose ti sei senti come un pesce fuor d’acqua e non sai mai di cosa parlare….

 

se ti sei sempre sentita “strana/o” perché quando entri in un locale troppo affollato e rumoroso vorresti dartela a gambe levate

 

ora sai che non c’è nulla che non va in te.

 

 

Hai una sensibilità di percezioni particolare, come l’occhio azzurro o la pelle chiara nei confronti del sole.

 

Nessuno con gli occhi azzurri penserebbe mai di avere qualcosa che non va solo perché è più sensibile alla luce: lo sa e si porta dietro gli occhiali da sole.

 

Ecco. 

Ora anche tu sai di avere una sensibilità particolare a qualcosa.

Rende la vita un po’ più difficile? Sicuramente sì.

 

Ma ricordati che porta con sè anche dei grandi doni, a una condizione. 

Per capitalizzare la ricchezza di informazioni che, in ogni momento, sei in grado di percepire e raccogliere 

devi imparare a trattarti bene, avere cura della tua sensibilità per non andare in tilt

 

E ora ti spiego come.

 

 

Come gestire la tua alta sensibilità 

 

  •   Tratta bene il corpo: se sei stanca/o riposati, mangia sano e poco raffinato, evita gli zuccheri: il tuo sistema nervoso è già molto sensibile e ha bisogno di stabilità, non di essere iperstimolato.

 

  •  Evita gli eccitanti – per te sono delle vere e proprie bombe!

 

  •  Fai attività fisica regolare: la tendenza al rimugino e gli alti livelli di cortisolo nel sangue troveranno un maggior equilibrio. Se poi pratichi anche yoga e meditazione, ti sarai fatta un vero regalo.

 

  •  Dormi tanto: per recuperare l’iperattività del tuo sistema nervoso è davvero indispensabile e per scivolare nel sonno, se la tua mente è ancora molto attiva, crea una tua routine di rallentamento e relax e attieniti ad essa.

 

  •  Crea dei rituali adatti a te: a causa del tuo sentire multisfaccettato, sai che è facile per te “perderti”. I rituali (una sequenza di azioni benefiche che sceglierai con cura) ti aiutano a metterti nelle condizioni di funzionare bene.

 

  •   Crea un dialogo interiore amorevole: accorgiti che i tuoi pensieri si esprimono sotto forma di parole e crea dei mantra che siano in grado di interrompere il rimugino o l’iperattivazione.

 

  •    Be mindful: sii presente e cerca di fare una cosa alla volta, immergendoti il più possibile, con tutti i sensi e respirando, nell’attività che svolgi.

 

  •   Cerca di prenderti il giusto tempo per fare le cose: essere in ritardo è molto stressante per una Persona Altamente Sensibile (io questa lezione la devo ancora imparare 😅)

 

Il fatto di “avere un’etichetta” non è una scusa, ma comporta piuttosto una maggiore responsabilità

 

Queste linee guida, come vedi, sono dei consigli di buon senso per chiunque, PAS e non PAS. Ma per le persone ad alto funzionamento rappresentano dei passaggi indispensabili per mantenere l’equilibrio e per ritrovarlo quando, inevitabilmente, la complessità della vita ce lo farà perdere.

Sapere di avere certe caratteristiche non deve metterti nella posizione di pretendere dagli altri un trattamento di favore. Piuttosto, dovrebbe portarti a sviluppare:

  1. una maggior consapevolezza di cosa fa per te e cosa non lo fa,
  2. la scelta di essere auto-responsabile nel proteggerti dagli eccessi di stimoli cui la vita quotidiana inevitabilmente ci sottopone.

Resta in contatto con te stessa

Come sempre conoscere se stessi è la base sulla quale costruire una vita più felice e in linea con sé, che si tratti di relazioni, scelte professionali, la creazione di una nuova impresa o trovare un hobby in cui incanalare la nostra passione e i nostri talenti.

 

È per questo che continuo a studiare e a formarmi, per poter accompagnare con sempre maggior efficacia le persone che si rivolgono a me per un percorso di coaching, nel pieno rispetto delle loro caratteristiche e della propria unicità.

Per saperne di più sull’argomento PAS

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Sono Gina Abate, Coach, Mentore e Formatrice.

Ti aiuto a riallinearti con te stessa per far emergere la chiarezza, il coraggio e l’energia necessari per realizzare i tuoi desideri e progetti. Con amorevolezza verso di te e con una ritrovata Leggerezza. 

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